Con l’articolo 35 del Decreto legge n. 223/2006 , convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, è stato introdotto nel nostro ordinamento l’articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000 che punisce con sanzione penale coloro procedono alla compensazione dei debiti tributari con crediti tributari vantati dal contribuente. La norma che consente tale procedura di pagamento dei tributi è contenuta nell’articolo 17 del D.Lgs n. 241/1997. Tale ultima norma consente ai contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.
L’articolo in commento (10-quater del D.Lgs. n. 74/2000) è stato sottoposto a revisione con l’articolo 9 del D.Lgs. n. 158 del 2015 introducendo un limite per la configurabilità del reato. L’attuale versione dell’articolo 10-quater stabilisce che “1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
2. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.”
La revisione del 2015 ha introdotto, rispetto alla precedente versione dell’articolo 10-quater, due diverse fattispecie di reato. Le due fattispecie di reato oltre ad avere propria autonomia si differenziano anche per il profilo sanzionatorio anche in ragione della diversa natura. Infatti per crediti non spettanti deve intendersi crediti comunque esistenti in capo al contribuente anche se non ancora disponibili, mentre per crediti inesistenti sono da intendersi quelli inventati. Le principali differenziazioni, previste dal legislatore, si sostanziano:
- per l’utilizzo di crediti non spettanti è prevista la reclusione da 6 mesi a due anni qualora venga superato il limite di 50.000,00 euro per periodo di imposta (cfr comma 1);
- per l’utilizzo di crediti inesistenti è prevista la reclusione da 18 mesi a 6 anni qualora venga superato il limite di 50.000,00 euro per periodo di imposta(cfr comma 2).
L’antinomia tra le due fattispecie comporta che il limite dei 50.000,00 per periodo di imposta va considerato per singola fattispecie.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 44737 depositata il 5 novembre 2019 ha statuito che il delitto di cui all’articolo 10 quater del D. Lgs. n. 74/2000 si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e, non in quello della successiva dichiarazione dei redditi.
In particolare ha evidenziato che la condotta del reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. 74/2000 si caratterizza per il mancato versamento di somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, crediti non spettanti o inesistenti. Non è, dunque, sufficiente, a integrare il reato, un mancato versamento, ma occorre che lo stesso risulti, a monte, formalmente “giustificato” da una operata compensazione tra le somme dovute all’Erario e crediti verso il contribuente, in realtà non spettanti od inesistenti. E’ del resto, proprio la condotta, necessaria, di compensazione ad esprimere la componente decettiva o di frode insita nella fattispecie e che rappresenta il quid pluris che differenzia il reato di cui all’art. 10 quater rispetto ad una fattispecie di semplice omesso versamento (così Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Chiarolla, Rv. 263051). Il delitto di indebita compensazione si consuma, di conseguenza, al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale (così Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018, dep. 01/02/2019, Cappello, Rv. 274854).
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