La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 281598 depositata il 27 giugno 2019 intervenendo in tema di reati di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000 ha precisato che il commercialista di una società può concorrere nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, agendo a titolo di dolo eventuale ed inoltre riaffermato che il commercialista può concorrere, ex art. 110 cod. pen., nel reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l’emittente di queste ultime ed inoltre che, per il consulente, sotto il profilo materiale “il contributo causale del concorrente può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non solo in caso di concorso morale ma anche in caso di concorso materiale, fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti”
Inoltre per i giudici di legittimità sotto il profilo della consapevolezza hanno riaffermato che ” il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA”
I giudici del palazzaccio hanno evidenziato per il consulente fiscale costituisce una forma ulteriore, dell’altri proposito criminoso, la complessiva attività di supporto per la “sistemazione” documentale di gravi violazioni contabili.
La vicenda ha riguardato la contestazione del sistematico utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da parte di una società a responsabilità limitata. Le fatture ricevute dalla srl erano riferite ad aziende inesistenti. Per cui veniva contestato il reato di cui all’articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000 agli amministratori di fatto e di diritto, al responsabile del settore amministrativo e contabile ed al consulente contabile e fiscale.
Nella vicenda in esame in merito all’elemento soggettivo, per i giudici della cassazione, molteplici sono gli indizi correttamente valorizzati per evidenziare la sussistenza del dolo, quanto meno eventuale. Risultando di notevolissima forza logica sono gli indizi desumibili, in riferimento a tutte le dichiarazioni fiscali, dalla consapevolezza, del consulente contabile, degli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza in ordine alle fatture emesse da quelle stesse ditte a cui sono riferibili le fatture contestate.Per i giudici di legittimità, infine, non va trascurata la circostanza che non era solo il consulente fiscale di tutte le società della famiglia titolare delle quote della srl oggetto della verifica.
Altra riconferma riguarda la responsabilità dell’amministratore di diritto il quale accettando il ruolo di prestanome – nella piena consapevolezza delle anomale modalità di gestione della contabilità e della predisposizione, ad opera dell’azienda, di falsa documentazione a sostegno della fiscalità aziendale – ha accettato il rischio di sottoscrivere dichiarazioni reddituali fraudolente, omettendo qualunque forma di controllo sull’attività svolta dall’amministratore di fatto.
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