La Corte di Cassazione sez. Tributi con la sentenza n. 17062 del 10 luglio 2013 intervenendo in tema di imposta di successione ha stabilito che nella donazione di quote e azioni non quotate su mercati regolamentati, la base imponibile può essere rappresentata dal valore risultante dal bilancio approvato successivamente alla donazione stessa, in quanto occorre considerare i mutamenti sopravvenuti.
La vicenda ha avuto origine dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso dall’agenzia delle Entrate per rideterminare l’imposta dovuta sulla donazione di azioni di una Spa, avvenuta nel mese di marzo 2001. In particolare l’imposta era stata calcolata dalla contribuente sul valore del patrimonio netto della società, risultante da un bilancio chiuso il 30 giugno 2000, anno precedente al trasferimento.
Per l’Amministrazione Finanziaria il valore corretto dei titoli donati era quello determinato in base al patrimonio netto risultante dal bilancio di fine anno chiuso quindi al 31 dicembre 2000 e approvato successivamente alla donazione avvenuta a marzo 2001.
Avverso l’atto impositivo la contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale sollevando l’illegittimità della determinazione operata dall’Agenzia in quanto, di fatto, calcolava la base imponibile su dei valori approvati in epoca successiva alla donazione. Poiché alla data del trasferimento delle azioni, avvenuta a marzo 2001, non era ancora stato approvato il bilancio dell’esercizio precedente e pertanto i valori non erano conoscibili.
I giudici di prime cure hanno accolto la tesi difensiva della ricorrente che annullavano così la pretesa erariale. Avverso la decisione di primo grado l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici confermavano la sentenza di primo grado.
L’Agenzia proponeva quindi ricorso per cassazione deducendo l’erroneità della decisione per violazione dell’articolo 16 del Dlgs 346/90, a cui è fatto diretto rinvio dal Testo unico sull’imposta di donazione. Quest’ultima, infatti, segue regole dell’imposta di successione, la quale con l’articolo 16 stabilisce che, per i titoli non quotati, il valore, alla data di apertura della successione, è quello risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario redatto, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti.
Gli Ermellini hanno accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate confermando la pretesa erariale. I giudici della Corte Suprema hanno statuito il principio di diritto secondo cui, ai fini della determinazione del valore delle quote da donare, occorre considerare la frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio, adeguato dei mutamenti sopravvenuti tra la data di chiusura dell’esercizio, al quale il bilancio stesso si riferisce, e la data della donazione.
Pertanto nel caso di specie essendo possibile utilizzare anche risultanze approvate in epoca successiva l’ufficio ben poteva utilizzare i valori relativi al bilancio approvato successivamente alla donazione.
L’interpretazione dei giudici di legittimità, tuttavia, non sembra considerare che la norma attiene principalmente le successioni dettando un criterio di valutazione che si potrebbe definire postumo rispetto alla data di valutazione stessa. Infatti, al momento di redazione di una denuncia di successione è possibile avere un quadro preciso di tutti i fatti ed eventi accaduti in data successiva al decesso. Da qui verosimilmente la ratio della norma che richiede di considerare anche i mutamenti sopravvenuti. Al contrario, una donazione comportando effetti immediati alla data di stipula, consente di conoscere i fatti e gli eventi accaduti solo fino a tale momento.
E a titolo prudenziale, di norma, il contribuente basa la quantificazione su dati certi (bilancio già approvato), in luogo di elementi suscettibili di modifica (bilancio da approvare).
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