La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 5513 depositata il 12 febbraio 2020 intervenendo in tema di reato per omesso versamento IVA ha statuito che “la responsabilità della società o dell’ente controllante è certamente applicabile anche all’imposta sul valore aggiunto dovuta in base all’imponibile iva di gruppo. […] ai fini del consolidato fiscale il controllo è individuato come detenzione in un’altra società di capitali di azioni che permettono l’ottenimento della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria, o la cui partecipazione agli utili è superiore al 50%, con la conseguenza che l’indisponibilità delle somme necessarie per provvedere al pagamento dell’imposta non è riconducibile a fattori estranei alla sfera di dominio della controllante o da questa non governabili”
La vicenda ha riguardato l’amministratore e legale rappresentante di una società a responsabilità limitata facente parte di un gruppo di società controllate da una Holding e che era stata esercitata l’opzione per il consolidato fiscale nazionale. La società controllata ometteva il versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale. Pertanto al legale rappresentante veniva ascritto il reato di cui all’articolo 10 ter d.lgs. 74/2000. Si rammenta che la norma in commento prevede la responsabilità penale del contribuente se, congiuntamente, si verificano le seguenti condizioni:
- omesso versamento dell’Iva risultante dalla dichiarazione annuale superiore a euro 250.000;
- protrarsi del ritardo oltre il termine previsto per il pagamento dell’acconto dell’Iva relativo al periodo di imposta successivo, coincidente con il 27 dicembre dell’anno seguente.
Il Tribunale condannava l’imputato del reato ascritogli. Avverso la sentenza l’imputato proponeva ricorso alla Corte di Appello. I giudici di appello respingevano l’impugnazione proposta dall’imputato. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. In particolare per non essere imputabile alla società amministrata dal ricorrente l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dalle società alla stessa consolidate, trattandosi di somme di cui la società consolidante amministrata dall’imputato, pur versandosi in una ipotesi di consolidamento fiscale ai sensi del d.lgs. n. 344 del 2003, non aveva mai avuto la disponibilità.
Gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso. Nella sentenza in commento i giudici della Suprema Corte affermano che l’art. 73, comma 3, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 consente l’applicazione del consolidato fiscale nazionale relativa alle imposte sul reddito anche all’imposta sul valore aggiunto.
In particolare, i giudici di legittimità, evidenziano la mancata dimostrazione di azioni della società controllante volte ad ottenere le risorse finanziarie dalle relative controllate, anche tenuto conto del potere di direzione di cui normalmente dispone la società controllante nei riguardi delle sue partecipate.
Per i giudici del palazzaccio gli omessi trasferimenti da parte delle controllate sono stati imputati, in definitiva, alla condotta della stessa società controllante, inerte perfino in presenza del legame partecipativo che legittimava quest’ultima a controllare e indirizzare la gestione delle seconde in virtù del controllo di diritto ex articolo 2359, comma 1, cod. civ.. Pertanto, nel caso di specie, l’imputato non poteva chiedere di escludere la responsabilità della controllante e, per essa, dei ricorrente.
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