La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17424 depositata il 16 giugno 2023, intervenendo in tema di donazione, ha ribadito che “… l’art. 1, comma 4 bis del lgs. n. 346 del 1990 comporta che l’imposta sulle donazioni e successioni si applichi anche alle donazioni indirette, indipendentemente dall’espressa menzione di tale finalità, salvo che il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende risulti collegato ad un atto che sia già sottoposto ad IVA o imposta di registro, dovendosi in quel caso applicare il regime fiscale relativo al “negozio mezzo” al fine di evitare una doppia imposizione su un fenomeno sostanzialmente unitario, incentivando altresì il contribuente alla loro esteriorizzazione»; «la norma relativa alla individuazione dei presupposti per l’applicazione del tributo (o come si sostiene, più in generale, per la fruizione del beneficio fiscale) non presuppone l’esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente, il quale non è conseguentemente onerato dal farne espressa dichiarazione in atto; ciò in quanto la norma in disamina individua i presupposti per l’applicazione dell’imposta alle donazioni dirette nella volontaria registrazione dell’atto ovvero nella dichiarazione del contribuente resa in sede di accertamento ex art. 56 d.lgs. n. 396/96» …”
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di liquidazione per omesso versamento dell’imposta di registro in relazione alla donazione i denaro. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale, I giudici di prime cure accolsero le doglianze del ricorrente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisone della CTP. I giudici di appello confermarono la decisione impugnata. L’Agenzia proponeva ricorso, avvesro la sentenza della CTR, per cassazione fondata du due motivi. In particolare si doleva del fatto che quest’ultima aveva riconosciuto al contribuente l’esenzione dal pagamento dell’imposta sulle donazioni pur non avendo il cittadino provato che la donazione di denaro era stata vincolata all’acquisto di un immobile.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, confermando i principi della sentenza n. 11831/2022, è stabilendo che “… occorre, tuttavia, evidenziare che l’art. 1, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, deve essere qualificato come esclusione di imposta, piuttosto che quale norma di agevolazione e, più precisamente, quale norma di esenzione d’imposta, trattandosi di disposizione volta a circoscrivere la situazione colpita dal tributo e non di disposizione recante una disciplina giuridica speciale; …”
In particolare, i giudici di legittimità precisano che “… sulle differenze sussistenti tra le norme disciplinanti le esenzioni e le esclusioni tributarie, le norme che prevedono le esclusioni tributarie hanno la funzione di delimitare i confini della fattispecie impositiva, ed esprimono la scelta del legislatore di individuare correttamente solo quei fatti che siano reale manifestazione della specifica capacità contributiva che il medesimo vuole colpire con una determinata imposta;
[…] tali norme, quindi, non rivestono carattere di specialità, in quanto operano in modo sistematico nel delimitare l’ambito oggettivo del tributo in chiave con la ratio ad esso sottesa e possono essere ricondotte a quelle ipotesi ove il presupposto astrattamente considerato imponibile dalla norma venga già colpito da altro tributo o se ne presuma l’inesistenza per la sua modesta entità o per la sua marginalità; …”
Pertanto, nella sentenza in commento, la Corte Suprema evidenzia, alla luce della distinzione tra norme di esclusione e norme di esenzione, che “… l’art. 1, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 si configuri quale esclusione d’imposta, in quanto trattasi di norma con cui il legislatore – perseguendo l’obiettivo di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie imponibile che, sebbene composta da due distinti negozi, è manifestazione di un’unica capacità contributiva; …”
Quindi la norma di esclusione opera, quindi, direttamente senza rendere necessario l’intervento «attivo» del contribuente in quanto è già il legislatore che esclude, appunto, la rilevanza impositiva della fattispecie a prescindere dalle scelte operate dal contribuente, e, di conseguenza, per la disciplina di cui all’art. l, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 non è ravvisabile la necessità dell’esplicita richiesta di applicazione del precetto da parte del contribuente, il quale, a tal fine, non può conseguentemente essere considerato onerato del farne espressa dichiarazione in atto, che è invece obbligatoria quando il privato sia chiamato dal legislatore a scegliere un regime impositivo più favorevole rispetto a quello ordinario, come avviene, in generale, per le ipotesi di esenzione o di agevolazione d’imposta
Ovviamente il contribuente dovrà riuscire a dare prova, se richiesto, di tale collegamento (provando documentalmente, ad esempio, il passaggio di denaro tra lui ed il genitore-donante ed il fatto che tale denaro è stato donato per l’acquisto dell’immobile).
Ne consegue che il contribuente nella donazione indiretta di immobile non è tenuto ad indicare, nell’atto di compravendita, di volersi avvalere dell’esclusione prevista dall’art. 1, comma 4 bis, D.Lgs. n. 346/1990.