Corte di Cassazione, ordinanza n. 17424 depositata il 16 giugno 2023
donazione indiretta – esclusione dall’imposta di successione – vizio di motivazione
RILEVATO CHE
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 271/1/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano in accoglimento del ricorso proposto da (omissis) (omissis) avverso avviso di liquidazione per omesso versamento dell’imposta di registro in relazione a donazione di denaro per il periodo d’imposta 2007;
la contribuente resiste con controricorso
CONSIDERATO CHE
1.1 con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia genericamente ritenuto raggiunta la prova dell’utilizzo della somma di denaro, ricevuta in donazione dalla contribuente, per l’acquisto di immobili sulla base della «documentazione allegata al ricorso, consistente in ricevute di pagamento ed atti notarili per l’acquisto degli immobili»;
1.2 la doglianza è infondata;
1.3 come già affermato da questa Corte (cfr. nn. 3819 del 2020, 14762 del 2019, 6145 del 2019, 27112 del 2018, 22598 del 2018, 25866 del 2010) in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito;
1.4 ricorre, quindi, il vizio di omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito apoditticamente neghi che sia stata data la prova di un fatto ovvero, al contrario, affermi che tale prova sia stata fornita, omettendo un qualsiasi riferimento sia al mezzo di prova che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato (cfr. n. 871 del 2009);
1.5 nella specie, contrariamente a quanto lamentato dall’Ufficio, la sentenza impugnata ha dato atto del positivo accertamento circa l’utilizzo delle somme ricevute in donazione per l’acquisto di beni immobili mediante specifico riferimento al mezzo di prova documentale che ha avuto a specifico oggetto la circostanza in questione, sia al relativo risultato;
1.6 ne consegue che la motivazione del provvedimento impugnato non può ritenersi apparente in quanto consente in ogni caso il controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da attingere alla soglia del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, ;
2.1. con il secondo motivo l’Agenzia ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (art. 1, comma 4 bis, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) per avere la Commissione tributaria regionale riconosciuto alla contribuente l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro pur non essendo stata offerta la prova che la donazione di denaro era stata vincolata all’acquisto degli immobili, a nulla rilevando che il denaro fosse stato utilizzato a tale scopo;
2.2 in punto di diritto, si osserva che l’art. 1, lgs. n. 346 del 1990, al comma 1, prevede che «l’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi», ed al comma 4 bis, che, «ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto»;
2.3 l’art. 2, l. n. 262 del 2006, al comma 47, prevede che «è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54», mentre il successivo comma 50 recita che «per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001»;
2.4 il successivo 55, comma 1, prevede che «gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, concernenti gli atti da registrare in termine fisso»;
2.5 ai sensi del citato comma 4 bis restano dunque soggette ad imposta di donazione tutte le liberalità indirette che emergono da atti soggetti a registrazione: – aventi ad oggetto beni o diritti diversi da immobili o aziende (ad quote di partecipazione societaria, crediti, beni mobili compreso il danaro, ecc.); – non «collegati» all’atto traslativo o costitutivo di diritti reali immobiliari o di aziende, qui peraltro precisandosi che anche un’eventuale mancanza di contemporaneità tra la liberalità indiretta e l’atto soggetto a registrazione, da cui essa si desume, non esclude necessariamente il «collegamento»;
2.6 sulle liberalità indirette, collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, il Collegio non ignora che questa Corte, con la sentenza 13133/2016, ha ritenuto che la donazione sia esente da imposta solo nel caso di espressa dichiarazione contenuta nell’atto di donazione, affermando, dunque, che, per essere esente da imposta, la donazione indiretta debba espressamente menzionata nel contratto di compravendita cui la liberalità indiretta è collegata ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, Dlgs n. 346/1990 cit.;
2.7 questa Corte, tuttavia, con la sentenza 11831/2022, ha evidenziato come sia oggetto di discussione se il collegamento funzionale fra la liberalità e l’acquisto dell’immobile o dell’azienda possa risultare soltanto da elementi univoci, quali l’intervento in atto del disponente piuttosto che una dichiarazione espressa dell’acquirente circa la provenienza della liquidità utilizzata per pagare l’alienante, o se, invece, possa essere desunto anche sulla base di elementi oggettivi, quali, ad esempio, un bonifico bancario effettuato all’acquirente da un suo familiare in prossimità del rogito notarile, oppure l’utilizzo di assegni riferibili a conti correnti di familiari dell’acquirente, essendo stato, in particolare, affermato che, stante il silenzio della norma, la prova del collegamento in parola possa essere data adducendosi un qualsivoglia elemento che corrobori la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile o dell’azienda;
2.8 sono stato quindi enunciati i seguenti principi: «l’art. 1, comma 4 bis del lgs. n. 346 del 1990 comporta che l’imposta sulle donazioni e successioni si applichi anche alle donazioni indirette, indipendentemente dall’espressa menzione di tale finalità, salvo che il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende risulti collegato ad un atto che sia già sottoposto ad IVA o imposta di registro, dovendosi in quel caso applicare il regime fiscale relativo al “negozio mezzo” al fine di evitare una doppia imposizione su un fenomeno sostanzialmente unitario, incentivando altresì il contribuente alla loro esteriorizzazione»; «la norma relativa alla individuazione dei presupposti per l’applicazione del tributo (o come si sostiene, più in generale, per la fruizione del beneficio fiscale) non presuppone l’esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente, il quale non è conseguentemente onerato dal farne espressa dichiarazione in atto; ciò in quanto la norma in disamina individua i presupposti per l’applicazione dell’imposta alle donazioni dirette nella volontaria registrazione dell’atto ovvero nella dichiarazione del contribuente resa in sede di accertamento ex art. 56 d.lgs. n. 396/96»;
2.9 ritiene il Collegio che tali conclusioni siano pienamente condivisibili anche sulla scorta delle considerazioni che seguono;
2.10 nella sentenza 13133/2016 cit. si afferma che l’esplicita dichiarazione, in seno all’atto di compravendita dell’immobile, di tale collegamento (ovvero della circostanza che il denaro necessario per l’acquisto del bene provenisse in tutto o in parte da un atto di liberalità di un familiare) sia requisito essenziale per poter «beneficiare» dell’esenzione dall’imposta, e tale esplicita dichiarazione, invero, secondo l’indirizzo interpretativo detto, costituirebbe l’unico elemento idoneo a mettere in condizione l’Amministrazione finanziaria di rilevare la «scelta» del contribuente di voler «beneficiare» dell’esenzione dal tributo e di verificare, conseguentemente, l’effettiva sussistenza dei presupposti di non imponibilità della fattispecie posta in essere;
2.11 occorre, tuttavia, evidenziare che l’art. 1, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, deve essere qualificato come esclusione di imposta, piuttosto che quale norma di agevolazione e, più precisamente, quale norma di esenzione d’imposta, trattandosi di disposizione volta a circoscrivere la situazione colpita dal tributo e non di disposizione recante una disciplina giuridica speciale;
2.12 come posto in rilievo da attenta dottrina, che si è soffermata, in particolare, sulle differenze sussistenti tra le norme disciplinanti le esenzioni e le esclusioni tributarie, le norme che prevedono le esclusioni tributarie hanno la funzione di delimitare i confini della fattispecie impositiva, ed esprimono la scelta del legislatore di individuare correttamente solo quei fatti che siano reale manifestazione della specifica capacità contributiva che il medesimo vuole colpire con una determinata imposta;
2.13 tali norme, quindi, non rivestono carattere di specialità, in quanto operano in modo sistematico nel delimitare l’ambito oggettivo del tributo in chiave con la ratio ad esso sottesa e possono essere ricondotte a quelle ipotesi ove il presupposto astrattamente considerato imponibile dalla norma venga già colpito da altro tributo o se ne presuma l’inesistenza per la sua modesta entità o per la sua marginalità;
2.14 le norme che prevedono le esenzioni, invece, si configurano come vere e proprie disposizioni speciali, in quanto dettano una specifica disciplina giuridica per situazioni nelle quali si verifica il fenomeno economico colpito dalla norma impositiva, e, a differenza delle esclusioni, introducono delle deroghe alle regole designate, in ordine al presupposto del tributo, dalla norma impositrice, esonerando dall’imponibilità fattispecie che altrimenti rientrerebbero nell’ambito applicativo del tributo stesso;
2.15 mentre le esclusioni d’imposta sono dunque rinvenibili nelle ipotesi in cui la mancata applicazione del tributo è giustificata da valutazioni di estraneità relative al tributo stesso, si è in presenza di un’esenzione, invece, nel caso in cui il beneficio fiscale mira a creare posizioni di favore, in funzione del perseguimento di determinate finalità decise dal legislatore, cosicché le esclusioni sono determinate da considerazioni che possono qualificarsi in termini di mancanza di capacità contributiva che sarebbe colpita da quel tributo, le esenzioni, viceversa, hanno un valore soltanto strumentale in funzione di finalità per lo più estranee all’ordinamento tributario, per cui deve ritenersi che esse derogano alla normale disciplina dei tributi;
2.16 così ricostruita la distinzione tra norme di esenzione e norme di esclusione d’imposta, si può allora pervenire a ritenere che l’art. 1, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 si configuri quale esclusione d’imposta, in quanto trattasi di norma con cui il legislatore – perseguendo l’obiettivo di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie imponibile che, sebbene composta da due distinti negozi, è manifestazione di un’unica capacità contributiva; in tal senso cfr. Cass. n. 11831/2022 cit. – ha circoscritto l’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni e non introdotto una deroga alla regola generale di imponibilità delle liberalità;
2.17 tale conclusione, oltre ad essere perfettamente coerente con il dato testuale della norma – ove si legge che «l’imposta non si applica nei casi …» – e la ratio della stessa – da individuarsi, come detto, proprio nella volontà del legislatore di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie impositiva sostanzialmente unica – risulta confermata dal fatto che le liberalità indirette collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, per i quali sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’IVA, proprio in quanto escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta non concorrono ad erodere la franchigia eventualmente spettante al donatario-compratore dell’immobile o dell’azienda;
2.18 la norma di esclusione opera, quindi, direttamente senza rendere necessario l’intervento «attivo» del contribuente in quanto è già il legislatore che esclude, appunto, la rilevanza impositiva della fattispecie a prescindere dalle scelte operate dal contribuente, e, di conseguenza, per la disciplina di cui all’art. l, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 non è ravvisabile la necessità dell’esplicita richiesta di applicazione del precetto da parte del contribuente, il quale, a tal fine, non può conseguentemente essere considerato onerato del farne espressa dichiarazione in atto, che è invece obbligatoria quando il privato sia chiamato dal legislatore a scegliere un regime impositivo più favorevole rispetto a quello ordinario, come avviene, in generale, per le ipotesi di esenzione o di agevolazione d’imposta (cfr. Cass. n. 2777/2016);
2.19 l’analisi della natura e della ratio dell’art. 1, comma 4 bis, Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, rende quindi evidente come il contribuente (donatario-compratore) non sia tenuto ad indicare nell’atto di compravendita di volersi «avvalere» dell’esclusione prevista dalla detta norma, la quale, proprio in quanto esclusione d’imposta, è incentrata solo sul dato dell’ obiettivo collegamento tra la liberalità (diretta o indiretta) ed il trasferimento di diritti immobiliari o di aziende assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o ad IVA, ed ove risulti tale collegamento si è automaticamente in presenza di una fattispecie esclusa dal campo di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni;
2.20 ad avvalorare ulteriormente le conclusioni circa l’insussistenza di un obbligo di esplicitazione della suddetta liberalità nell’atto di trasferimento dell’immobile militano, peraltro, anche le considerazioni di seguito illustrate;
2.21 dalla lettura del testo della norma in esame non si evince alcun riferimento circa il presunto onere del contribuente di dichiarare espressamente nell’atto pubblico, soggetto ad imposta di registro o ad IVA, il collegamento tra la liberalità ed il trasferimento del diritto immobiliare, né tantomeno emerge che l’Amministrazione finanziaria debba essere edotta della «scelta» operata per tale regime;
2.22 invero, il legislatore tributario, se ritiene essenziale che il contribuente, per fruire di un beneficio, non solo possieda i requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla norma, ma anche li dichiari apertamente nell’atto pubblico, ne impone espressamente l’enunciazione (al riguardo, si menziona la Nota II-bis dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al P.R. n. 26 aprile 1986, n. 131);
2.23 è opportuno, inoltre, segnalare che, anche a fini civilistici, e non solo tributari, in merito alla prova circa la provenienza della provvista oggetto dell’atto di liberalità che un soggetto dichiara essere avvenuta in relazione ad acquisto immobiliare, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha stabilito che in caso di donazione indiretta di un immobile, per verificare se tale bene rientri o meno nella comunione legale dei coniugi di cui agli 177 ss. cod. civ., l’attestazione del notaio, dell’avvenuto pagamento del corrispettivo dell’immobile con denaro donato dal genitore al figlio, non può considerarsi sufficiente, trattandosi di mera presa d’atto della dichiarazione resa al riguardo dall’acquirente (cfr. Cass. n. 21494/2014 in motiv.);
2.24 pertanto, il coniuge acquirente dell’immobile non potrà ritenere assolto l’onere probatorio su di esso gravante in forza dell’atto pubblico di compravendita, dovendo esso provare che l’immobile è frutto di donazione indiretta attraverso prove documentali che attestino il movimento di denaro effettuato dal genitore al fine di pagare il corrispettivo dovuto per l’acquisto dell’immobile;
2.25 sulla scorta di quanto sin qui illustrato, consegue che ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’esclusione di cui all’art. 1, comma 4 bis, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 è solo il dato di un obiettivo collegamento tra la liberalità (diretta o indiretta) ed il trasferimento del diritto immobiliare o dell’azienda assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o ad IVA e che di tale collegamento il contribuente sia in grado di darne prova, mentre la dichiarazione di tale collegamento nell’atto di compravendita dell’immobile o dell’azienda, come visto, oltre a mal conciliarsi con la natura e la ratio dell’ art. 1, comma 4 bis, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, àncora l’applicazione dell’esclusione d’imposta in questione ad un requisito di carattere meramente formale, non richiesto dal legislatore e che, peraltro, non è comunque idoneo a dimostrare l’effettiva esistenza del collegamento richiesto dalla norma;
2.26 va dunque esente da censure in diritto la sentenza impugnata laddove la Commissione tributaria regionale ha escluso l’applicazione dell’imposta di donazione nei confronti della contribuente avendo quest’ultima dimostrato «con documentazione allegata al ricorso, consistente in ricevute di pagamenti e dati notarili per gli acquisti degli immobili, … anche in considerazione del breve lasso di tempo trascorso dal ricevimento della donazione e l’investimento di essa, di aver utilizzato la somma avuta in donazione per l’acquisto di immobili», con conseguente infondatezza delle doglianze sollevate dall’Agenzia delle entrate con il secondo motivo di ricorso;
3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato il ricorso va integralmente respinto;
4. stante la parziale novità delle questioni trattate è opportuno compensare integralmente le spese di lite
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente le spese di lite.