Corte di Cassazione ordinanza n. 13473 depositata il 29 aprile 2022
IVA – regime del margine – onere della prova
Rilevato che:
1. Con sentenza 41/09/2012 depositata in data 11/1/2012 la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pesca ra, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 197/3/08 della Commissione tributaria provinciale di Chieti, la quale a sua volta aveva accolto il ricorso della società G.S. S.r.l. avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA e II. DD., sanzioni e interessi 2003.
2. In particolare alla contribuente, esercente l’attività di commercio di autoveicoli nuovi ed usati, all’esito dell’accertamento venivano conte state da un lato operazioni soggettivamente inesistenti per rapporti con la Cosmo Service di Lucchi Basili Andrea, con indebita deduzioni di costi ai fini delle II. DD. e l’illegittima detrazione del tributo ai fini IVA; dall’altro, l’errata applicazione del regime IVA del margine nei rapporti commerciali con la ditta F.A..
3. Il giudice d’appello confermava la decisione del giudice di prime cure ritenendo, quanto al primo rilievo, di valorizzare la regolare contabilità della società e che le scarne indicazioni nel p.v.c. alla base delle riprese non dimostrassero in modo univoco la consapevolezza da parte della contribuente della frode carosello, anche sulla scorta dell’archiviazione disposta dal giudice penale del procedimento origi nato dai medesimi fatti alla base delle riprese. Quanto alla seconda ripresa, la CTR riteneva che dal verbale della Guardia di Finanza non si ricavassero elementi certi sull’illegittima applicazione del regime del margine e circa la consapevolezza di ciò da parte della società, in presenza di documentazione fiscale valida e di pagamenti effettiva mente intervenuti.
4. Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui replica la contribuente con controricorso, che illustra con memoria.
Ritenuto che:
5. In via preliminare, va esaminata e disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza ex 366 cod. proc. civ. sollevata in controricorso, dal momento che l’Agenzia sintetizza adeguatamente il fotto, gli snodi processuali, le difese delle parti, le parti della sentenza di appello oggetto di ricorso e le ragioni alla base delle censure e riproduce i pertinenti passaggi della sentenza d’appello impugnata.
6. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. civ. – l’Agenzia deduce la violazio ne e falsa applicazione degli artt.19 del d.P.R. n.633 del 1972, 2697 cod. civ. e 62 primo comma del d.lgs. n.546 del 1992, in relazione all’onere della prova richiesto in materia di operazioni soggettivamente inesistenti.
7. L’eccezione di inammissibilità del motivo, sollevata dalla controricorrente, per decisione da parte della CTR in senso conforme alla giurisprudenza di legittimità va esaminata unitamente alla delibazione delle censure.
8. Il motivo, relativo al riparto e al contenuto dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamene inesistenti oltre che alle conseguenze della mancata applicazione del corretto canone, è fondato nei termini che seguono.
9. Si premette che, allorquando siano contestate operazioni come soggettivamente inesistenti, esse nella loro materialità esistono sempre e, piuttosto, il problema è che esse sono state rese al destinata rio, che le ha effettivamente ricevute, da un soggetto diverso da quel lo che ha effettuato la cessione o la prnstazione rappresentata nella fattura (Cass. 5, Sentenza n. 20060 del 07/10/2015, Rv. 636663 – 01).
10. Inoltre, va reiterato che in tal caso l’Amministrazione finanziaria «ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a cono scenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ra gione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesisten za del contraente; ove l’Amministrazion Ei assolva a detto onere istrut torio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.» (Cass. Sez. 5 – , Sentenza 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
11. Nella fattispecie la motivazione della CTR innanzitutto non opera un chiaro riparto dell’onere della prova tra Agenzia e contribuente, nel senso di rimettere in capo all’Agenzia la dimostrazione dell’oggettiva fittizietà del fornitore e della consapevolezza o conoscibilità di tale condizione da parte del committente e, in capo al contribuente, la prova contraria secondo diligenza massima dell’operatore accorto.
Al fine della dimostrazione del primo aspetto, sulla base dei principi giurisprudenziali che precedono, il giudice d’appello erroneamente dà rilevanza ai dati formali della fatturazione, non essendo questi decisi vi, come pure la regolarità dei pagamenti, mentre non si confronta con altri elementi indiziari rilevanti dedotti dall’Agenzia e indicati nel primo motivo di ricorso, ossia l’assenza di organizzazione commercia le da parte della società cedente, l’assenza di patrimonio aziendale, l’essere stati tenuti contatti con le ditte estere ai fini delle importazio ni direttamente dalle società commerciali italiane.
12. A ciò si aggiunge, sotto il secondo profilo, che il contenuto della prova circa l’elemento soggettivo non è rispondente all’insegnamento giurisprudenziale sopra richiamato, in quanto la CTR astrattamente fa riferimento all’assenza di consapevolezza della contribuente che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, ma, in concreto, non si confronta con gli elementi oggettivi e specifici evidenziati dall’Agen zia, in particolare l’antieconomicità delle operazioni contestate, al fine di valutare non solo se il contribuente fosse a conoscenza della frode, ma anche se avrebbe dovuto esserlo, e non solo usando l’ordinaria diligenza, ma la massima esigibile in ragione della qualità professionale ricoperta, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso
13. Non spetta alla Corte la valutazione di tali elementi di prova, disamina riservata al giudice del merito in sede di rinvio. Alla luce di quanto precede logicamente non possono essere accolte le eccezioni di inammissibilità prospettate in controricorso, perché la decisione d’appello non è stata conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
14. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del se condo motivo, con il quale si prospetta anche il vizio motivazionale, sempre con riferimento alla valutazione logica degli elementi di prova addotti dall’Agenzia a sostegno dell’inesist enza soggettiva delle operazioni
15. Con il terzo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma 3 cod. proc. civ. – si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.36 ter zo e quarto comma del d.l. n.41 del 1995, conv. in I. n.85 del 1995 e dell’art.2697 cod. civ., nonché dell’art.38, commi 3-4 del d.l. n.331 del 1993, conv. in I. n.427 del 1993 iin relazione all’art. 62 primo comma del d.lgs. n.546 del 1992, per erronea applicazione dell’onere della prova da parte del giudice d’appello in materia di IVA del margine.
16. Il motivo è La Corte reitera l’insegnamento secondo cui «In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti, in forza di elementi oggettivi e specifici, la possibilità per il contribuente di avvalersi del regime di favore del cd. margine spetta al contribuen te medesimo dimostrare la propria buona fede che, rispetto alla com pravendita di veicoli usati, si connota nella diligente individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, m:ii limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di age vole e rapida reperibilità, al fine di accertare, anche in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte c:fa altri senza possibilità di de trazione. {In applicazione del principio, la S. C. ha escluso l’applicabili tà del regime del margine nell’ipotesi di un contribuente cessionario di autoveicoli usati da un cedente nazionale che non aveva verificato se il dante causa di questo, venditore appartenente ad un altro Stato dell’Unione europea, avesse trattato la cessione come intracomunita ria, ritenendo a tal fine inidoneo il libretto di circolazione e non po tendo l’onere di diligenza ritenersi assolto in base ad un acritico affi damento alle dichiarazioni effettuate dalla società cedente).» (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 32402 del 14/12/2018, Rv. 652109 – 01).
17. Le Sezioni Unite hanno in termini autorevolmente affermato che «In tema di IVA, il regime del margine – previsto dall’art. 36 del d.l. n. 41 del 1995, conv. con modif. in I. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da colle zione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza del la consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con partico lare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intesta tari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.» (Cass. Sez. U – , Sentenza n. 21105 del 12/09/2017, Rv. 645308 – 01).
18. Nel caso di specie la motivazione del giudice d’appello manca di applicare il corretto canone dell’onere della prova, perché è il contribuente e non l’Agenzia che deve fornire prova idonea dell’assolvimento delle condizioni per fruire del regime dell’IVA del margine, trattandosi di regime agevolativo più favorevole rispetto a quello ordinario, restando irrilevanti a tal fine elementi meramente formali come la fatturazione e il pagamento.
19. La decisione va dunque cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinv ia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazioni delle spese di lite.