La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 22978 depositata il 6 giugno 2024, intervenendo in tema di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose, affermando il principio secondo cui “… Non rileva, invece, per la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose la mera circostanza che l’amministratore della società fallita abbia accumulato debiti per scelte errate, dovendo distinguersi l’aggravamento del dissesto conseguente ad operazioni dolose dall’aumento del passivo dovuto a scelte gestionali rivelatesi ex post errate e quindi dovute a comportamenti incolpevoli o anche solo colposi, poiché altrimenti il delitto coinciderebbe con la mera causazione dello stato di insolvenza ,2 sussisterebbe in relazione a tutte le dichiarazioni di fallimento. …”

La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, esercente attività di calzaturificio, accusato di bancarotta fraudolenta documentale, di bancarotta fraudolenta impropria per effetto di operazioni dolose,  bancarotta fraudolenta patrimoniale, per avere cagionato, nella veste di legale rappresentante di una società, il deterioramento dei beni aziendali e il relativo fallimento; ciò sulla scorta del sistematico inadempimento dei debiti fiscali e previdenziali, oltreché del mancato pagamento delle retribuzioni dei dipendenti.  Il GIP, all’esito del giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato per i reati ascritti. Avverso la decisione del GIP, l’imputato proponeva appello. La Corte territoriali riformava parzialmente la sentenza impugnata. la Corte di merito ha riqualificato il reato di cui al capo B) quale bancarotta documentale semplice e lo ha dichiarato estinto per prescrizione, ha escluso la continuazione e l’aggravante dei più fatti di bancarotta e ha ritenuto le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, provvedendo a ridurre la pena. L’imputato proponeva ricorso in cassazione, avverso la decisione dei giudici di secondo grado, fondato su tre motivi.

I giudici di legittimità annullano la sentenza impugnata con rinvio.

Gli Ermellini evidenziano che manca nelle sentenze di merito ogni riferimento  “… a quel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali che, come affermato da questa Corte di cassazione, vale ad integrare le operazioni dolose di cui all’art. 223, secondo comma, n. 2, legge fall. (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, De Mattia, Rv. 273337; Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016,  dep. 2017, Bottiglieri, Rv. 270046; Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014, Prandini, Rv. 261684; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Salieri; Rv. 260492; Sez. 5, n. 12426 del 29/11/2013, dep. 2014, Beretta, Rv. 259997).

Solo il carattere sistematico dell’omissione vale ad individuare tale comportamento quale frutto di una consapevole scelta gestionale finalizzata ad utilizzare  l’inadempimento delle  obbligazioni  tributarie  e contributive  quale anomalo strumento di autofinanziamento nella previsione che l’aumento del debito, collegato alla irrogazione delle sanzioni per l’inadempimento, determinerà un aggravio dell’esposizione debitoria e quindi del dissesto. …”