La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 23409 depositata il 30 agosto 2024, intervenendo in tema di accertamento induttivo, ha affermato il principio di diritto secondo cui L’inizio di verifiche, accessi, ispezioni o altre attività amministrative di accertamento non impedisce al contribuente di presentare, entro il termine previsto nell’art. 2, comma 7, d.P.R. 22/07/1998, n. 322, una valida dichiarazione tardiva, senza che tale ritardo, fatta salva l’applicazione delle relative sanzioni, consenta all’amministrazione finanziaria di procedere all’accertamento induttivo, previsto dall’art. 41 P.R. 29/09/1973, n. 600 per le diverse ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazioni nulle ai sensi delle disposizioni del titolo I del d.P.R. 29/09/1973, n. 600

La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata a cui veniva notificato avviso di accertamento era stato emesso in esito al Processo verbale di constatazione con cui veniva rilevata l’omessa presentazione della dichiarazione per l’anno d’imposta da accertare, fondato sul rilievo che al momento dell’accesso la dichiarazione non era stata presentata e tale onere era stato assolto dalla società intimata solo successivamente ma entro i 90 dalla scadenza della presentazione della dichiarazione fiscale. La società contribuente impugnava l’atto impositivo. I giudici di prime cure accolsero il ricorso della contribuente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza. I giudici di appello rigettarono l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate. Avverso la sentenza di appello l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso.

Gli Ermellini hanno ritenuto “… infondata, in diritto, la pretesa connessione tra la preclusione al ravvedimento operoso conseguente all’inizio di eventuali accessi, ispezioni e verifiche e il preteso impedimento alla presentazione della dichiarazione tardiva. Difatti, secondo l’art. 2, comma 7, d.P.R. 22/07/1998, n. 322: «Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta.»

Il tenore letterale della norma distingue nettamente, da un lato, la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine (cd. tardiva) – e che è considerata valida – dalla dichiarazione omessa (presentata oltre novanta giorni). Dall’altro lato, l’inciso «salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo» deve essere inteso nel senso che la dichiarazione tardiva, seppur valida, non ha alcuna efficacia sanante o altrimenti estintiva di eventuali sanzioni previste per il ritardo. Per il resto la dichiarazione tardiva è valida a ogni effetto di legge, cioè per ogni conseguenza che quest’ultima faccia dipendere dalla sua presentazione (anche in relazione ai poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria ai sensi degli artt. 39 ss. d.P.R. n. 600 del 1973), a differenza di quella omessa che, pur costituendo titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili ivi indicati, costituisce il presupposto oggettivo espressamente menzionato dall’art. 41, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (al pari delle ipotesi di dichiarazioni nulle previste nel titolo I del testo normativo appena richiamato) per l’accertamento induttivo. …”