La Corte di Cassazione con la sentenza n. 10740 del 3 maggio 2017 intervenendo in tema di insinuazione al passivo fallimentare ha statuito che la tempestività della domanda dell’Agente della riscossione (nella fattispecie Equitalia) di insinuazione al passivo fallimentare del credito erariale va valutata considerando la data in cui si sono chiuse le indagini penali, non quella del loro inizio.
La vicenda è stata originata dalla presentazione della domanda di insinuazione al passivo del credito tributario nei confronti di una società fallita che il giudice delegato, con proprio decreto, la dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 101, u. comma 1. fall. La norma in oggetto prevede che le domande tardive di ammissione al passivo di un credito possono essere accolte, decorso il termine di cui al comma 1, “se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile”.
Avverso la decisione del giudice delegato l’Agente della riscossione propone opposizione ai sensi dell’art. 98 l.fall. Il Tribunale adito confermava il decreto del giudice delegato poiché Equitalia non ha fornito la suddetta prova (non imputabilità del ritardo). Avverso tale decisione l’Agente della riscossione ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione.
I giudici di legittimità accolgono il ricorso proposto da Equitalia affermando che il giudice del merito ha dato rilievo alla data di inizio dell’indagine penale, senza però spiegare perché l’Amministrazione finanziaria avrebbe avuto la possibilità di insinuare il proprio credito al passivo alla predetta data.
Gli Ermellini invece precisano che ciò che rileva, nel caso di specie, è la data in cui gli illeciti fiscali erano stati accertati dall’Amministrazione (e quindi portati a sua conoscenza), poiché solo a partire da essa avrebbe potuto essere verificata la tempestività dell’ente impositore nel provvedere agli adempimenti necessari alla riscossione dei crediti tributari derivanti dagli illeciti ed inoltre, viene affermato dalla S.C., che il ritardo dell’ente impositore nell’iscrivere a ruolo i crediti non costituisce ragione di non imputabilità del ritardo nella presentazione della domanda dell’Agente della Riscossione, fermo restando l’obbligo di stabilire se il primo ritardo effettivamente sussista. Circostanza, per i giudici di legittimità, che nella specie non è stato oggetto di valutazione da parte del Tribunale. Infatti, continuano i giudici della Corte Suprema, il giudice del merito in palese contrasto con la disposizione dell’art. 101 ult. comma L.fall., ha affermato che “i tempi dell’accertamento non possono comportare deroghe ai termini della legislazione fallimentare, anche in considerazione della possibilità per il creditore di presentare domande incomplete o con riserva, e tenendo conto del fatto che l’indagine della G.d.F. era iniziata quando il termine di cui all’articolo 101, 1° co., l. fall. non era ancora scaduto” così mostrando erroneamente di ritenere che l’inizio delle indagini da parte delle Fiamme Gialle (anziché il loro esito) “consenta all’Amministrazione di ritenere sussistente l’illecito fiscale, e, in conseguenza, un credito tributario ad esso relativo, per di più determinato nell’ammontare”.
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