La Corte di Cassazione, sezione fallimentare, con l’ordinanza n. 11342 depositata il 29 aprile 2024, intervenendo in tema di estensione del fallimento dell’ex socio di una sas, ha ribadito il principio in base al quale “… L’art. 2314, comma 2°, c.c., a norma del quale “l’accomandante, il quale consenta che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali”, è, infatti, volta a tutelare l’affidamento dei terzi creditori nella responsabilità illimitata di chi, quale socio accomandante ovvero, come nella specie, di socio accomandatario cessato per morte, recesso o (può aggiungersi) cessione della quota (art. 2292, comma 2°, richiamato dall’art. 2314 c.c. in materia di società in accomandita semplice), abbia, tuttavia, consentito (come, nel caso in esame, è rimasto incontestato) di presentarsi ai terzi, pur non essendolo (più), alla stessa stregua di un socio illimitatamente responsabile (art. 2291, comma 1°, e 2314, comma 1°, c.c.) e cioè, nella società in accomandita semplice, di un socio (attualmente) accomandatario (cfr. Cass. n. 30882 del 2018, in motiv.).

(…) L’inserimento del nominativo del socio accomandante nella ragione sociale (art. 2314, comma 2°, c.), al pari dell’inserimento nella ragione sociale del nome del socio accomandatario cessato (artt. 2314, comma 1°, e 2292, comma 2°, c.c.), ne comporta, invero e per previsione normativa, la responsabilità illimitata per le obbligazioni della società esclusivamente in ragione del contenuto oggettivo della ragione sociale e della oggettiva confusione conseguentemente ingenerata sul ruolo da lui (ancora) svolto nella società; deve, per contro, restare estranea a tale valutazione ogni considerazione relativa ad elementi estrinseci all’aspetto formale della ragione sociale come, ad esempio, il comportamento dell’accomandante o del socio accomandatario cessato, i quali, in effetti, rispondono personalmente (anche per ripercussione automatica del fallimento della società: art. 147, comma 1°, l.fall.) dei debiti contratti dalla società nel periodo di tempo in cui il loro nome è compreso nella ragione sociale a prescindere dal fatto che i terzi sapessero o ignorassero che si trattava di un socio accomandante o di un socio accomandatario non più tale.

(…) Quanto al resto, non può che ribadirsi che, in tema di società di persone, il termine annuale previsto dall’art. 147, comma 2°, l.fall., oltre il quale il socio non può più essere dichiarato fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, decorre solo dall’iscrizione nel registro delle imprese dei fatti determinanti la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile (cfr. Cass. n. 22661 del 2021), come l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che rimuove dalla ragione sociale l’indicazione del nome del socio accomandante o, come nel caso in esame, del socio accomandatario cessato.

(…) Resta, per contro, ferma, ai fini dell’estensione di fallimento al socio illimitatamente responsabile, tanto l’irrilevanza della cessazione dell’impresa sociale in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, quanto l’insussistenza di una preclusione da giudicato per la mancata dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile già emergente come tale al momento della dichiarazione del fallimento della società. …”

La vicenda ha riguardato l’ex socio accomandatario di una Sas dichiarata fallita che a seguito del ricorso del curatore il Tribunale aveva esteso allo stesso il fallimento della società quale suo socio illimitatamente responsabile. L’ex socio avverso tale decisione proponeva reclamo. La Corte di appello rigettava il ricorso dell’ex scio. In particolare l’eccezione di decadenza proposta dal reclamante in ragione del decorso del termine di un anno, ossia dalla sua cessazione dalla carica di “socio accomandatario” della società, e, in secondo luogo, sulla circostanza che anche dopo la sua formale uscita dalla compagine sociale, aveva continuato a rivestire il ruolo di socio illimitatamente responsabile della s.a.s., deponendo in tal senso il mantenimento del nome e del cognome dello stesso nella ragione sociale della società già fallita. L’ex socio avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.

I giudici di legittimità rigettano il ricorso.

Per il Supremo consesso l’ex socio, il cui nome è rimasto nella ragione sociale della sas dopo la sua uscita dalla società e responsabile illimitatamente ed inoltre il decorso dell’anno “… – l’art. 147, comma 4°, l.fall. prevede che “se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi”;

– la domanda di estensione di fallimento nei confronti del socio illimitatamente responsabile proposta dal curatore del fallimento della società “presuppone”, pertanto, “unicamente che sia stato dichiarato il fallimento di una società con soci illimitatamente responsabili (art. 147, comma 1°, l.fall.) e che, dopo il fallimento della società (insolvente:  e   quindi,   in  quel  momento, incontestatamente gravata, almeno in sede di estensione, da debiti insoluti …) emerga l’esistenza di altro socio, illimitatamente responsabile per (tali) obbligazioni sociali, che, per un motivo o per l’altro, non era già stato dichiarato fallito, a norma dell’art. 147, comma 1°, cit., per effetto automatico della dichiarazione di fallimento della società” (Cass. n. 35954 del 2023, in motiv.);

la situazione del socio palese che per anomalie procedimentali non sia stato dichiarato fallito unitamente alla società non è, infatti, assimilabile alle situazioni che, se adeguatamente pubblicizzate, escludono la fallibilità dopo un anno dal loro verificarsi, come quella del socio receduto o escluso dalla società ovvero non più illimitatamente responsabile o dell’imprenditore individuale o collettivo che ha cessato l’attività, trattandosi di un effetto automatico, previsto dalla legge, del fallimento della società con soci illimitatamente responsabili (Cass. n. 22263 del 2012);

la dichiarazione di fallimento della società, pertanto, a meno che (con statuizione passata in giudicato) non abbia espressamente affermato l’insussistenza della qualità di socio illimitatamente responsabile in capo ad un determinato soggetto, non comporta alcuna preclusione alla domanda di estensione di fallimento nei confronti del socio illimitatamente responsabile, come socio (anche cessato) che abbia acconsentito il mantenimento del proprio nome nella ragione sociale, quando siffatta situazione fosse già emergente come tale al momento della dichiarazione di fallimento della società;

il rapporto sociale tra la società e il socio illimitatamente responsabile, anche di fatto o occulto, non si scioglie, del resto, in seguito alla cessazione dell’attività d’impresa della società non seguita dalla cancellazione di quest’ultima dal registro delle imprese, con la conseguenza che il termine annuale previsto dall’art. 147, comma 2°, l.fall., oltre il quale il socio non può più essere dichiarato fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, decorre non dall’eventuale cessazione dell’attività d’impresa ma solo dall’iscrizione nel registro delle imprese dei fatti determinanti la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile (Cass. n. 22661 del 2021; Cass. n. 36378 del 2023, in motiv.);

l’art. 147, comma 2°, l.fall., lì dove fa riferimento allo “scioglimento del rapporto sociale” e alla decorrenza da quel momento del termine annuale, si applica esclusivamente allo scioglimento del rapporto rispetto al singolo socio e non anche allo scioglimento della società, che non è, del resto, preso in considerazione neppure dall’art. 10 l.fall.;

quest’ultima disposizione, infatti, fa decorrere il termine annuale di fallibilità dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, sempre che non sia dimostrato che l’attività è proseguita, per cui, se è vero che il fallimento della società ne determina lo scioglimento (art. 2308 c.c.), è anche vero che quest’ultimo non determina né l’estinzione della società, che consegue soltanto alla sua cancellazione dal registro delle imprese (artt. 2312 e 2495 c.c.), né la decorrenza del menzionato termine annuale di fallibilità della stessa società e, conseguentemente, dei suoi soci illimitatamente responsabili;

la dichiarazione di fallimento, infatti, sebbene operi di diritto, così come le altre cause di scioglimento della società, non comporta di per sé alcuna alterazione del vincolo sociale e dell’organizzazione sociale, i cui organi restano in funzione, sia pure con le limitazioni conseguenti all’intervenuto spossessamento;

la società, pertanto, con il fallimento entra in stato di liquidazione e rimane in vita sino al momento della cancellazione dal registro delle imprese (Cass. n. 22263 del 2012, in motiv.). …”

In altri termini il rapporto sociale tra la società e il socio illimitatamente responsabile, anche di fatto o occulto, non si scioglie in seguito alla cessazione dell’attività d’impresa della società non seguita dalla cancellazione di quest’ultima dal Registro delle imprese. Con la conseguenza che il termine annuale previsto dall’art. 147, comma 2, della legge fallimentare, oltre il quale il socio non può più essere dichiarato fallito in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, decorre non dall’eventuale cessazione dell’attività d’impresa ma solo dall’iscrizione nel registro delle imprese dei fatti determinanti la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile.