La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 2026 depositata il 30 gennaio 2014 intervenendo in tema di deducibilità dei costi di fatture false ha statuito che i costi sostenuti a fronte di fatture soggettivamente inesistenti sono deducibili dalle imposte sul reddito e dall’IRAP a prescindere dal fatto che il contribuente sia consapevole di aver partecipato a una frode carosello.
La vicenda ha riguardato una società a cui l’Amministrazione finanziaria notificava un avviso di accertamento mediante il quale veniva contestato l’indebita deduzione di costi per operazioni inesistenti relativi a fatture emesse da una “cartiera”.
La società contribuente impugnava l’atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accolgono le doglianze del ricorrente. L’Agenzia delle Entrate avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva ricorso dinanzia alla Commissione Tributaria Regionale rigettano l’appello dell’Amministrazione finanziaria ritenendo che i suddetti costi fossero deducibili perché il volume di affari della contribuente era assai modesto, la ditta T. era “iscritta ed aveva partita IVA”, i trasporti di merce erano documentati dai CMR e dai timbri degli autotrasportatori, i pagamenti erano stati effettuati mediante bonifico bancario su conto intestato alla T..
Per la cassazione della pronuncia del giudice di seconde cure l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini respingono il ricorso dell’Ufficio.
I giudici di legittimità hanno ritenuto che il caso di specie vada regolato alla luce della recente riforma di cui all’art. 8 del D.L.16/2012 (D.L. Semplificazioni) secondo cui “sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, per il sono fatto che essi sono sostenuti nel quadro di una cosiddetta “frode carosello” , anche per l’ipotesi che l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che a norma del Testo Unico delle imposte sul redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o deteminabilità”.
Per i giudici del Palazzaccio la modifica introdotta dal D.L. Semplificazioni è applicabile retroattivamente, in favore del contribuente, anche in materia di IRAP.
Infine nelle motivazioni della sentenza in coomento, i giudici suprema, puntualizzano che è l’Agenzia delle Entrate a dover provare gli elementi della eventuale frode attinenti il cedente, la sua natura di “cartiera” e la connivenza nella frode con il cessionario.