La Corte di Cassazione con la sentenza n. 14066 depositata il 7 giugno 2017 intervenendo in tema di finanziamenti infruttiferi ha affermato che l’effettività di un finanziamento infruttifero non può desumersi esclusivamente dalla capacità di spesa e dalla disponibilità di liquidità in capo al socio. I finanziamenti infruttiferi dei soci, laddove ingiustificati, possono essere considerati ricavi in nero.
- Nella sentenza in commento gli Ermellini precisano che “Il fenomeno dei finanziamenti infruttiferi, oggetto da tempo di specifici indagini fiscali da parte della Agenzia delle Entrate, comporta ben determinate conseguenze sul piano fiscale nei confronti della società secondo le modalità con le quali detto finanziamento avvenga. Ora, l’effettività di un finanziamento infruttifero non può desumersi, come correttamente osservato dalla Commissione Tributaria Regionale esclusivamente dalla capacità di spesa e dalla disponibilità di liquidità in capo al socio (circostanze peraltro già evidenziate nel precedente giudizio di merito e ritenute comunque irrilevanti ex sé ai fini della decisione), sicchè deve condividersi la conclusione del giudice di merito di secondo grado secondo la quale i finanziamenti infruttiferi dei soci, laddove ingiustificati (come nel caso in esame) possono essere considerati ricavi in nero come ritenuto dalla Amministrazione Finanziaria.“
Nel suo percorso logico-deduttivo la Corte Suprema richiamando il precedente della decisione del 19 giugno 2015 n. 12764 precisa che l’onere probatorio grava sulla società l’onere probatorio, con la conseguenza che, indipendentemente dalla disponibilità finanziaria in capo al socio finanziatore, laddove non siano riportate nel bilancio della società le somme oggetto di finanziamento, le stesse devono rientrare nel novero dei ricavi non dichiarati, con conseguente accertamento del maggior reddito in capo al contribuente.
Pertanto la capacità finanziaria del soggetto autore del versamento sono insufficienti a dimostrare l’effettività della natura infruttifera del finanziamento, in particolare nel caso in cui la società non fornisca alcuna prova contraria al riguardo.
Per cui in tutti i casi di finanziamenti infruttiferi dei soci, che siano considerati dall’Ufficio ricavi in nero, grava sul contribuente l’onere di indicare e provare la sussistenza di fatti idonei a giustificare l’antieconomicità del detto comportamento, sintomo, secondo l’id quod plerumque accidit, di sottofatturazione ed evasione fiscale.
La libertà di cui l’imprenditore gode nella conduzione dell’impresa può infatti talora giustificare il compimento di scelte imprenditoriali apparentemente opinabili, laddove l’autonomia dell’impresa non incontra fiscalmente altro limite che quello dell’abuso di diritto.
Tuttavia, la posizione dell’Ufficio non deve rappresentare, in tali casi, un’astratta posizione di principio, ma deve fondarsi su un riscontro effettivo, operato sulla base di gravi e precise incongruenze, verificate in sede di accertamento ed eventualmente non chiarite dal contribuente, quali, per esempio:
- la produzione costante di perdite consistenti in un arco temporale rappresentativo;
- il costante versamento, da parte dei soci, di finanziamenti infruttiferi con rinuncia alla restituzione;
- la mancata percezione da parte dei soci di somme dalla società, né sotto forma di utili, né di compensi amministratori, o stipendi.
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