La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 18902 depositata il 10 luglio 2024, intervenendo in tema di pagamento del superminimo non assorbibile a seguito del mutamento del CCNL, ha ribadito il principio secondo cui Il rinvio – contenuto nella lettera di assunzione – al “vigente contratto di lavoro interno”, ossia al contratto collettivo UPA, non era “materiale”, bensì “formale”, come normalmente accade, ossia era destinato soltanto a individuare la “fonte” collettiva regolatrice del rapporto di lavoro. Dunque con quella clausola non veniva recepito e quindi incorporato nel contratto individuale il trattamento economico previsto dal contratto collettivo UPA, restando questo pur sempre la “fonte” esterna regolatrice di quel trattamento, come tale suscettibile di essere modificata nel tempo, secondo le ordinarie dinamiche sindacali (Cass. n. 5285/1989). Né sono stati indicati trattamenti retributivi concreti che possano consentire la verifica del rispetto del principio di irriducibilità della retribuzione (aspetto considerato da Cass. ord. n. 25423/2023).”

La vicenda ha riguardato una dipendente a cui veniva erogato un superminimo non assorbibile a seguito del mutamento del ccnl applicato (da artigianato a terziario), previsto dall’accordo collettivo di salvaguardia e dal contratto collettivo integrativo aziendale. Successivamente la datrice di lavoro aveva intimato disdetta di tutti gli accordi sindacali integrativi e preannunziato che il superminimo non sarebbe stato più pagato. La lavoratrice quindi chiedeva ed otteneva dal Tribunale un decreto ingiuntivo per il pagamento di questa voce retributiva. La datrice di lavoro impugnava la decisione del Tribunale. L’opposizione proposta veniva rigettata dal Tribunale, sulla base dell’assunto per cui si trattava di superminimo dichiarato espressamente non assorbibile e concordato proprio al fine di conservare a tutti i dipendenti la retribuzione fino ad allora goduta. La datrice di lavoro impugnava la sentenza proponendo appello. La Corte territoriale accoglieva il gravame interposto e, in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo. La dipendente, avverso la sentenza di appello proponeva ricorso in cassazione fondato su tre motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso della dipendente.

Gli Ermellini affermano il seguente principio di diritto secondo cui La clausola del superminimo può ritenersi incorporata nel contratto individuale di lavoro, e come tale insensibile ai successivi mutamenti del contratto collettivo, solo se destinata a compensare determinate qualità professionali del dipendente o determinate mansioni oppure specifiche modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. In mancanza, esso resta di “fonte” collettiva e, come tale, sempre modificabile anche in peius da parte di successivi contratti collettivi.”