La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 30685 depositata il 28 novembre 2024, intervenendo in tema di detrazione IVA, ha ribadito, alla luce delle sentenze del giudice unionale, il principio di diritto secondo cui ” ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni e sulle operazioni passive occorre accertarne l’effettiva inerenza rispetto alle finalità imprenditoriali, senza che sia tuttavia richiesto il concreto svolgimento dell’attività di impresa, potendo la detrazione dell’imposta spettare anche in assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché il bene o il servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa ovvero funzionale all’iniziativa economica programmata in vista della successiva attuazione e il mancato utilizzo sia determinato da cause indipendenti dalla volontà del contribuente, sia pure assunte in un’accezione ampia (così in Cass. n. 7440 del 17/03/2021, Rv. 661256 – 01).” (Cass. n. 7344 del 2021; Cass. n. 18745 del 2016; n. 23994 del 2018; Cass. n. 11213 del 2023)
La vicenda ha riguardato una società a cui l’Agenzia delle entrate notificava cinque avvisi di accertamento quale socia di altrettante società cessate, aventi ad oggetto sociale la produzione di energia da fonti rinnovabili nonché l’acquisizione, costruzione e messa in opera di centrali elettriche generanti elettricità da fonti rinnovabili. Gli avvisi di accertamento venivano emessi sul rilievo che le predette società cessate nel periodo di attività non avevano posto in essere alcuna operazione attiva, negava il diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti effettuati, che recuperava a tassazione. La suddetta società, in qualità di socia delle 5 società cessate destinatarie degli altrettanti atti impositivi, impugnava i 5 avvisi di accertamento ed anche tre provvedimenti di sospensione dei rimborsi IVA emessi dall’Agenzia delle entrate. I giudici di prime cure, previa riunione dei ricorsi, li rigettava. La contribuente impugnava la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado accoglieva l’appello. L’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità rigettavano il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Per gli Ermellini, alla luce del diritto unionale, il soggetto passivo IVA “come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (tra le tante, Corte giust. 28 febbraio 1996, in causa C-110/94, Inzo; Corte giust. 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal; Corte giust. 8 giugno 2000, causa C400/98, Brigitte Breitsohl; Corte giust., 2 giugno 2016, causa C263/15, Lajver; Corte giust. 28 febbraio 2018, causa C-672/16, Imofloresmira -In vestimentos Imobiliérios SA) secondo cui è considerato soggetto passivo IVA il soggetto che ha l’intenzione, confermata da elementi obiettivi, di iniziare in modo autonomo un’attività economica e sostiene a tal fine le prime spese di investimento e che, come tale, ha diritto di detrarre immediatamente l’iva dovuta o pagata sulle spese d’investimento sostenute in vista delle operazioni che intende effettuare e che danno diritto alla detrazione, senza dover aspettare l’inizio dell’esercizio effettivo della sua impresa.”
Per cui, per i giudici di piazza Cavour, “La detrazione ovvero l’alternativo rimborso (arg. da Cass., Sez. 5, 18/12/2019, n. 33593, Rv. 656409-01) è però concessa all’accertata sussistenza di elementi oggettivi che confermano quell’intenzione e dall’assenza di finalità fraudolente o abusive, con onere della prova, in tale ultimo caso, a carico dell’amministrazione finanziaria (arg. da , Sez. 6-5, 13.4.2017, n. 9610, Rv. 643956- 01; in termini Cass. n. 11213 del 2023, cit.).”
Per il Supremo consesso, alla luce dell’ordinanza n. 7344 del 2021 è necessario che:
“a) che il bene o servizio acquisito, anche se non immediatamente inserito nel ciclo produttivo, sia necessario all’organizzazione dell’impresa o funzionale all’iniziativa economica “programmata” in vista della successiva attuazione (in linea, Cass. 26 febbraio 2019, n. 5559 e 12 febbraio 2020, n. 3396); e a tal fine, secondo la giurisprudenza unionale, utili parametri di riscontro sono, ad esempio, la natura del bene, il periodo di tempo intercorso tra l’acquisto del bene ed il suo uso effettivo, le iniziative svolte dal soggetto passivo al fine di eliminare il temporaneo ostacolo all’impiego effettivo del bene (come la realizzazione di interventi materiali volti a predisporre il bene od a conformarlo alle esigenze organizzative aziendali o la richiesta di autorizzazioni o permessi necessari all’utilizzo del bene), il confronto tra il concreto impiego del bene e le modalità in cui viene invece normalmente esercitata l’attività economica (Corte giust. 22 marzo 2012, causa C-153/11, Klub ODD; Corte giust. 20 giugno 2013, causa C219/12, Fuchs);
b) che il mancato utilizzo del bene sia determinato da cause indipendenti dalla (secondo CGUE, sentenza del 5.2021, in causa C-248/20, «estranee» alla) volontà del soggetto acquirente, sia pure assunte in un’accezione ampia (come ha fatto la Corte di giustizia, a proposito della decisione di un soggetto passivo di non dare concreto inizio all’attività economica per effetto dei risultati di uno studio di fattibilità commissionato a terzi: Corte giust. in causa C110/94, cit.; nella medesima direzione da ultimo, Corte giust. 12 novembre 2020, causa C-734/19, Soc. ITH Comercial Timisoara). “