La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18151 depositata il 26 giugno 2023, intervenendo in tema di tributi locali, ha ribadito che “… il principio di irretroattività della norma giuridica, posto dall’art. 11 disp. prel. cod. civ., e ribadito in campo tributario dall’art. 3 della l. n. 212 del 2000, essendo dettato da una fonte di tipo legislativo, che è sovraordinata rispetto a quelle secondarie di carattere amministrativo, non può essere derogato da un atto amministrativo […] , salva una specifica disposizione di legge che preveda tale possibilità, nel rispetto, peraltro, dei principi costituzionali …”
La vicenda ha riguardato una società di capitale a cui l’amministrazione Comunale aveva notificato quattro documenti di addebito con cui è stato richiesto il conguaglio per la tariffa rifiuti corrisposta nel 2010. Avverso tali atti impositivi il contribuente proponeva ricorso alla CTP. I giudici di prime cure accolsero le doglianze della ricorrente. Il Comune propose appello alla Commissione Regionale. I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata. La decisione della CTR veniva impugnata dal Comune con ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso confermano che “… il potere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto per l’imposizione è espressione del principio generale dell’ordinamento, contenuto nell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, 2248, allegato E, dettato nell’interesse, di rilevanza pubblicistica, all’applicazione di tali atti in giudizio solo se legittimi, sicché detto potere può essere esercitato anche di ufficio purché gli atti in questione siano stati investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato (Cass., Sez. 5, 13 giugno 2012, n. 9631). Proprio, in tema di TARSU, si è affermato che il giudice tributario, nell’ambito della cognizione dei motivi di impugnazione contro l’atto impositivo, ha il potere-dovere di disapplicare, anche d’ufficio, la delibera comunale presupposta, qualora sia illegittima, in applicazione del principio generale di cui all’art. 5 della l. n. 2248 del 1865, All. E., con l’unico limite dell’eventuale giudicato amministrativo che abbia affermato la legittimità di tale delibera (Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2019, n. 1952). …”
I giudici di piazza Cavour hanno ribadito che “… in tema di TARSU, si è affermato che il giudice tributario, nell’ambito della cognizione dei motivi di impugnazione contro l’atto impositivo, ha il potere-dovere di disapplicare, anche d’ufficio, la delibera comunale presupposta, qualora sia illegittima, in applicazione del principio generale di cui all’art. 5 della l. n. 2248 del 1865, All. E., con l’unico limite dell’eventuale giudicato amministrativo che abbia affermato la legittimità di tale delibera (Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2019, n. 1952). …”
Pertanto per i giudici di legittimità il giudice tributario ha il potere-dovere di disapplicare le delibere comunali, riguardanti i tributi locali, che ritiene illegittime ed è del tutto irrilevante che il contribuente non abbia, sin dal ricorso introduttivo, invocato la disapplicazione o non ne abbia chiaramente lamentato l’illegittimità, essendo, comunque, incontestato che abbia denunciato proprio la sua applicazione. Per cui il giudice può esercitare questo potere d’ufficio.
Si rammenta che il comma 5 dell’articolo 7 del decreto legislativo 546/1992 prevede che “… Le corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente. …”