La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 24365 depositata il 20 giugno 2024, intervenendo in tema di bancarotta fraudolenta documentale, ha affermato che l’assunzione della carica di amministratore apparente o prestanome “… non costituisce elemento sufficiente ad integrare il dolo specifico della bancarotta documentale …” 

La vicenda ha riguardato l’amministratore apparente (c.d. prestanome) di una società a responsabilità limitata dichiarata fallita. All’amministratore apparente e l’amministratore di fatto venivano contestati i reati di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta per distrazione. Il Tribunale riconosceva gli imputati per i reati loro ascritti. Avverso la sentenza di primo grado veniva proposto appello. La Corte territoriale confermava la sentenza impugnata salvo assolvere l’amministratore apparente dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta distrattiva. Gli imputati, a mezzo dei loro difensori, proponevano ricorso in cassazione.

I giudici di legittimità annullavano la sentenza impugnata dall’amministratore apparente con rinvio e dichiaravano inammissibile il ricorso dell’amministratore di fatto.

Per gli Ermellini la circostanza che l’amministratore apparente (c.d. prestanome) “… avesse ricevuto, con modalità anomale, parte della documentazione inerente la società di cui era divenuto amministratore solo formale, in seguito alla promessa di un compenso, e che non si fosse curato della esistenza dei libri contabili, a lui mai consegnati, rende palese il mancato rispetto degli obblighi di diligenza a cui è tenuto l’amministratore, ma non integra automaticamente il dolo specifico richiesto dalla fattispecie delittuosa; …”

Inoltre per il Supremo consesso la motivazione dei giudici di merito “… confonde quello che potrebbe essere stato un atteggiamento di assoluta superficialità dell’imputato, mosso da un intento personale di guadagno – come emerso dalla motivazione della Corte di merito -, oltre che da un atteggiamento negligente in riferimento all’adempimento degli obblighi inerenti la tenuta della contabilità – di cui […] si era evidentemente del tutto disinteressato, come affermato in sentenza – con il dolo specifico, che deve essere funzionale al pregiudizio per i creditori o all’ingiusto profitto che l’agente intende raggiungere, per sé o per terzi), e che costituisce, quindi, il fulcro dell’elemento soggettivo ( tra le altre: Sez. 5, n. 15743 del 18/01/2023, Gualandri Giampiero, Rv. 284677). …”

Infine, per i giudici di piazza Cavour, mal si conciliano le ragioni “…  che hanno determinato l’assoluzione del ricorrente dalle condotte distrattive, al di là di una tautologica affermazione, quindi, non è stato logicamente argomentato dalla Corte di merito, che sembra sovrapporre l’accettazione della carica con i relativi doveri di vigilanza e controllo, discendenti dalla corrispondente posizione di garanzia, con la rappresentazione, da parte del soggetto, della situazione anti-doverosa, ossia la prefigurazione delle conseguenze della stessa; il giudice, quindi, deve fornire adeguata motivazione circa la possibilità, non soltanto astratta e presunta, ma reale, alla luce delle circostanze della specifica vicenda, della conoscenza, da parte del prestanome, dello stato delle scritture ovvero della loro preordinata omessa tenuta, in guisa tale da cagionare l’effetto di impedire la ricostruzione del movimento degli affari, nel caso della bancarotta “generica” o, per le ipotesi di dolo specifico, di procurare un danno al ceto creditorio o un ingiusto profitto a taluno. …