La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 16414 depositata il 19 aprile 2024, intervenendo in tema di reato per bancarotta fraudolente patrimoniale e documentale, ha ribadito che “… Va premesso che il reato di bancarotta fraudolenta documentale si può manifestare nelle sue due alternative forme descritte (entrambe) al n. 2 dell’art. 216 l. fall.: l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, e la fraudolenta tenuta di tali scritture, che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Sez. 5, n. 18634 del 1/2/2017, Autunno, Rv. 269904; Sez. 5, n. 26379 del 5/3/2019, Inverardi, Rv. 276650).

Al ricorrente è contestato (ed è stato concordemente ritenuto da entrambi i giudici del merito) il reato di bancarotta fraudolenta documentale specifica, caratterizzato, per come si è detto, sotto il profilo soggettivo, dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori (o dallo specifico intento di procurarsi un ingiusto profitto).

Ciò considerato, in linea generale, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304).

Ebbene, da un canto, la Corte territoriale non ha in alcun modo motivato in ordine alla pur ritenuta fraudolenza dell’intento, ma ne ha anche prospettato la sussistenza in termini di dolo generico, ipotizzando che la volontarietà dell’omessa tenuta delle scritture contabili fosse elemento sufficiente per dimostrare la “consapevolezza” di rendere impossibile o significativamente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie.

Tanto, all’evidenza, è un dato intrinsecamente insufficiente, in quanto circostanza priva di efficacia inferenziale rispetto alla sussistenza di uno specifico intento fraudolento. Ritenere che il dolo specifico possa essere logicamente inferito dalla semplice sottrazione (o dall’omessa consegna) di parte delle scritture contabili equivarrebbe a sostenere che, ogni qualvolta l’amministratore non consegna le scritture contabili al curatore, egli persegue sicuramente il fine di celare condotte distrattive e di danneggiare i creditori. …”

La vicenda ha riguardato un soggetto ritenuto di essere l’amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata, poi fallita, dei reati, in concorso con l’amministratore di diritto, dei reati di bancarotta preferenziale, bancarotta fraudolente patrimoniale e bancarotta fraudolente documentale specifica. La Corte d’appello riformava parzialmente la decisione del Tribunale, riteneva l’amministratore di fatto della società fallita, responsabile, in concorso con l’amministratore di diritto della predetta società, dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per aver sottratto la complessiva somma di euro 23.000 dai conti correnti societari) e di bancarotta fraudolenta documentale (per aver sottratto o distrutto tutta la documentazione contabile allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, impedendo così la ricostruzione del patrimonio e del volume d’affari della società), assolvendoli dalla concorrente imputazione di bancarotta preferenziale perché il fatto non costituisce reato. L’amministratore di fatto avverso tale decisione proponeva ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.

I giudici di legittimità annullano la sentenza impugnata limitatamente alla bancarotta fraudolenta documentale e rinviano per nuovo esame.

Per i giudici di piazza Cavour, per quanto concerne il ruolo di amministratore di fatto del ricorrente hanno premesso che, “… sotto il profilo della processuale, la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare (Sez. 5, n. 35346 del 20/06/2013, Rv. 256534; Sez. 5, n. 8479 del 28/11/2016, dep. 2017, Rv. 269101). Accertamento che, se sostenuto da motivazione congrua e logica, è insindacabile in sede di legittimità, in quanto oggetto di un apprezzamento di fatto riservato ai giudici di merito n (Sez. 5, n. 22413 del 14/04/2003, rv. 224948; Sez. 1, 12/05/2006, n. 18464, Rv. 234254). …”

In ordine al reato di bancarotta fraudolente patrimoniale gli Ermellini hanno ribadito i principi di diritto statuito dalla stessa Corte precisato che “… anche un bene avente un valore irrisorio od esiguo, ove distaccato dal patrimonio sociale, senza riceverne alcun utile o corrispettivo, determina pur sempre un depauperamento del patrimonio sociale, rilevante ai fini del reato di bancarotta patrimoniale. E, sotto tale profilo, la consistenza economica del bene (che, comunque, va valutata in sé, nel suo valore assoluto), deve, semmai essere rapportata non già alle dimensioni dell’impresa, ma all’incidenza (della relativa sottrazione) sugli interessi dei creditori, rispetto ai quali, la distrazione di 23.000 euro non può, oggettivamente, ritenersi irrilevante; …” 

In ordine al reato di bancarotta fraudolente documentale specifica per i giudici di piazza Cavour la Corte di appello non aveva in alcun modo motivato in ordine alla pur ritenuta fraudolenza dell’intento, prospettandone la sussistenza in termini di dolo generico, e ipotizzando che la volontarietà dell’omessa tenuta delle scritture contabili fosse elemento sufficiente per dimostrare la “consapevolezza” di rendere impossibile o significativamente difficoltosa la ricostruzione delle vicende societarie.