La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 10889 depositata il 23 aprile 2024, intervenendo in tema di validità delle delibere societarie, ha riaffermato il principio secondo cui la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore non può considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale (così, Cass. 3 dicembre 2008, n. 28748);”

La vicenda ha riguardato la richiesta, da parte di uno dei soci di una società a responsabilità limitata, di annullamento delle delibere adottate dall’assemblea ordinaria e straordinaria dei soci impugnate per conflitto di interesse dei soci ex art. 2479-ter cod. civ.. Il Tribunale adito respingeva la domanda di annullamento delle delibere. Il socio proponeva appello. La Corte territoriale confermava la decisione di primo grado evidenziando che: gli amministratori, che avevano partecipato all’assemblea in qualità di soci, non avevano inteso perseguire un interesse extra-sociale e personale in contrasto con quello della s.r.l.; non era ravvisabile una situazione di conflitto di interessi sotto il profilo della sproporzione e della irragionevolezza dei compensi riconosciuti agli amministratori stessi. Il socio avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su quattro motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso del socio.

Gli Ermellini evidenziavano, preliminarmente, che “l’art. 2479 ter, secondo comma, civ., prevede che sono invalide e, in quanto tali, possono essere impugnate le delibere dell’assemblea di una s.r.l. qualora siano assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società e siano idonee a cagionare un danno alla società;

la fattispecie richiede, dunque, l’accertamento dell’esistenza di una situazione di conflitto di interessi tra il socio e la società, la decisività del voto espresso e la potenziale dannosità della delibera per gli interessi sociali; “

Inoltre i giudici di piazza Cavour precisavano che “con particolare riferimento al primo requisito si osserva che il conflitto di interessi, da accertarsi non in termini astratti e ipotetici, ma con riferimento alla singola delibera, sussiste quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale – quindi un interesse che non è in alcun modo riconducibile al contratto di società – e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili a tale contratto e, quindi, che sono comuni ai soci (cfr. 13 marzo 2023, n. 7279; Cass. 12 dicembre 2005, n. 27387)”

Per cui alla luce dei principi sopra enunciati il Supremo consesso affermava che “la situazione di conflitto di interessi tra socio e società presuppone, dunque, che il primo si trovi nella condizione di essere portatore, con riferimento a una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse – da un lato il proprio interesse di socio e dall’altro l’interesse della società – e che questa duplicità di interessi sia tale per cui il socio non possa realizzare l’uno se non sacrificando l’altro;

– pertanto, la circostanza che una siffatta delibera consenta al socio il conseguimento (anche) di un suo personale interesse non comporta, di per sé, un pregiudizio all’interesse sociale (cfr. Cass. 21 marzo 2000, n. 3312); “