La Corte di Cassazione, sezione prima, con l’ordinanza n. 16607 depositata il 14 giugno 2024, intervenendo in tema di cancellazione della società e dell’istituto della remissione di debito, ha ribadito che “… l’estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l’estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare. …” (Cass. sentenza n. 9464/2020 conf. Cass. n. 28439/2020)
La vicenda ha riguardato una società in nome collettivo che aveva citato in giudizio la banca per la restituzione delle somme indebitamente ricevute per effetto dell’applicazione di interessi passivi in misura ultra legale. Il Tribunale adito accolse le richieste della snc. Accerso la decisione di primo grado la banca proponeva appello. La Corte territoriale accoglieva il primo motivo dell’appello principale (con assorbimento dei restanti) ritenendo che l’intervenuta cancellazione volontaria, ad opera del liquidatore, dal registro delle imprese della società correntista, prima che il credito vantato in giudizio fosse accertato – e senza che il credito sub judice fosse incluso nel bilancio finale di liquidazione – costituiva espressione della volontà di rinuncia tacita al diritto litigioso. Avverso la predetta sentenza veniva proposto ricorso per cassazione, fondato su sei motivi, dall’ex socio della società estinta e, come tale, successore della medesima, fondato su sei motivi.
I giudici di legittimità accolgono il sesto motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per nuovo esame.
Gli Ermellini evidenziano che “… la remissione del debito per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese fosse una delle varie evenienze solo “possibili”. Pertanto, in presenza di una domanda della cancellazione della società dal registro delle imprese, non è sufficiente – pena il ritenere ingiustificatamente sempre estinto il credito in tali evenienze, sulla base di una presunzione assoluta priva dei caratteri ex art. 2729 c.c. – che la cancellazione sia domandata ed eseguita. …” (Cass. nn. 6070-6072 del 2013)
Il Supremo consesso ha chiarito che “… La predetta sentenza n. 9464/2020 ha, infine, evidenziato che “..All’opposto, la mancata dichiarazione del difensore, ai sensi dell’art. 300 c.p.c. ai fini della interruzione del processo e la prosecuzione del medesimo, pur dopo l’avvenuta cancellazione della società costituisce un elemento in senso contrario rispetto ad un’ipotizzata volontà abdicativa: essendo ragionevolmente presumibile, piuttosto, in generale che il difensore, mandatario della società, avesse in tal senso concordato con la stessa la linea difensiva da tenere, anche nell’interesse dei soci, il cui sostrato personale riemerge proprio nel momento della cancellazione del soggetto collettivo. Il relativo accertamento, concretandosi in un giudizio di fatto, sfugge al sindacato di legittimità; ma costituisce giudizio di diritto escludere che la mera cancellazione dal registro delle imprese possa, di per sé sola, per la sua invincibile equivocità, reputarsi sufficiente a dedurne una volontà abdicativa”.
Orbene, anche questo Collegio è concorde nell’escludere che la mera cancellazione di una società dal registro delle imprese possa, di per sé sola, per la sua evidente equivocità, reputarsi sufficiente a dedurne la remissione del credito fatto valere in giudizio, la quale deve essere, invece, allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere, dimostrando tutti i presupposti della fattispecie, ossia la inequivoca volontà remissoria e la destinazione dichiarazione ad uno specifico creditore (Cass. n. 30075/2020).
Ne consegue che, in difetto di altri indici univoci sulla volontà remissoria – nel caso di specie, non accertati dalla sentenza impugnata, né comunque evidenziati dalla banca ricorrente – può ragionevolmente ritenersi che sia avvenuta, per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese, un trasferimento dei diritti di quest’ultima ai soci. …”