La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 8784 depositata il 3 aprile 2024, intervenendo in tema di estinzione del giudizio, ha statuito il principio secondo cui “… deve escludersi tanto l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 1 comma 236 legge n. 197/2002, che prevedendo la sospensione del giudizio «nelle more del pagamento delle somme dovute», presuppone l’integrale pagamento delle rate dovute, quanto l’estinzione ex art. 390 c.p.c., non essendo stata esplicitata alcuna rinunzia e non risultando neppure che il difensore sia munito di mandato speciale.
L’istanza, però, rivela che è sostanzialmente venuto meno l’interesse ex art. 100 c.p.c. in capo alla parte ricorrente, che aderendo alla definizione agevolata ha assunto comunque l’impegno a rinunziare ai giudizi pendenti (v. art. 1 comma 236 cit.), e ciò giustifica la pronuncia di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse ad agire (Cass. n. 12743 del 2016; Cass. n. 13923 del 2019). …”
La vicenda ha riguardato una società a cui era stata notificata una cartella di pagamento emessa ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 ed art. 54 bis d.P.R. n. 633/1972. La società impugnava l’atto ricevuto innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure accolsero le doglianze della contribuente. L’Amministrazione finanziaria proponeva appello avverso la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado accolsero l’appello erariale. La contribuente avverso la sentenza di appello proponeva ricorso in cassazione fondato su un unico motivo.
Nelle more, la contribuente aveva aderito alla definizione agevolata dei carichi pendenti (c.d. rottamazione quater) di cui all’art. 1 commi 231 e segg. legge n. 197/2022 e di aver provveduto a versare regolarmente le prime tre rate, per cui depositava telematicamente istanza di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 c.p.c.
I giudici di legittimità dichiaravano inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Per i giudici di legittimità l’istanza di estinzione non poteva essere accolta, poiché nel caso di specie l’estinzione presuppone l’integrale pagamento, non provato, delle rate dovute con esplicita rinuncia al contenzioso.
Pertanto, continuano i giudici di piazza Cavour, la presentazione dell’istanza produceva comunque l’effetto sostanziale del venir meno dell’interesse ex art. 100 c.p.c., in quanto la società ricorrente, con l’adesione alla definizione agevolata, aveva assunto l’impegno a rinunziare ai giudizi pendenti (art. 1 comma 236 legge n. 197/2022)