La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 12395 depositata il 7 maggio 2024, intervenendo in tema di cedolare secca, ha ribadito il principio secondo cui “… l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte: di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto (Cass. n. 3598/2022; n. 14619/2000; Cass., Sez. U, n. 23031/2007). …”

Per il Supremo consesso la normativa tributaria nel porre contribuente e Amministrazione finanziaria su un piano di parità comporta che la prassi amministrativa (circolari e risoluzioni) non costituisce fonte di diritto e non rappresentano attività normativa poiché sono atti interni per cui inidonei a incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.

Sul tema le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 23031 del 2007 hanno affermato il seguente principio di diritto: «La circolare con la quale l’Agenzia delle Entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati perché vi si uniformino, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente, e non è, quindi, impugnabile né innanzi al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva»

I giudici nella sentenza n. 23031 del 2007 hanno precisato che “… Per la sua natura e per il suo contenuto (di mera interpretazione di una norma di legge), non potendo esserle riconosciuta alcuna efficacia normativa esterna, la circolare non può essere annoverata fra gli atti generali di imposizione, impugnabili innanzi al giudice amministrativo, in via di azione, o disapplicabili dal giudice tributario od ordinario, in via incidentale.

Il che rileva, in primo luogo, sul piano generale, perché le circolari, come è stato affermato dalla dottrina prevalente, non possono né contenere disposizioni derogative di norme di legge, né essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie, che, come tali vincolano tutti i soggetti dell’ordinamento, essendo dotate di efficacia esclusivamente interna nell’ambito dell’amministrazione all’interno della quale sono emesse; e, in secondo luogo, con particolare riferimento all’ordinamento tributario, il quale come è noto, è soggetto alla riserva di legge. …”

Inefficacia normativa esterna delle circolari

Sempre con la sentenza a SS. UU. n. 23031/2007 è stato evidenziata, in oridne alle circolari e risoluzioni, “… la natura di atti meramente interni della pubblica amministrazione, i quali, contenendo istruzioni, ordini di servizio, direttive impartite dalle autorità amministrative centrali o gerarchicamente superiori agli enti o organi periferici o subordinati, esauriscono la loro portata ed efficacia giuridica nei rapporti tra i suddetti organismi ed i loro funzionari.

Le circolari amministrative, quindi, non possono spiegare alcun effetto giuridico nei confronti di soggetti estranei all’amministrazione, né acquistare efficacia vincolante per quest’ultima, essendo destinate esclusivamente ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti, senza poter incidere sul rapporto tributario, tenuto anche conto che la materia tributaria è regolata soltanto dalla legge, con esclusione di qualunque potere o facoltà discrezionale dell’amministrazione finanziaria (in questa prospettiva cfr. Cass., Sez. I, 25 marzo 1983, n. 2092 e 17 novembre 1995, n. 11931; Cass. Sez. V, 10 novembre 2000, n. 14619 e del 14 luglio 2003 n. 11011).

(…)

la circolare interpretativa esprime, come è stato efficacemente detto, una “dottrina dell’amministrazione”, vale a dire l’opinione di una parte (anche se “forte”) del rapporto tributario, che, peraltro, può essere discussa e disattesa dal giudice tributario. E, qualora il giudizio di quest’ultimo corrisponda al parere espresso dall’amministrazione, caso sarà pur sempre l’interpretazione del giudice che avrà esclusivo valore ed efficacia.

L’irrilevanza, nel senso fin qui spiegato, della circolare interpretativa in materia tributaria è stata, indirettamente, confermata da una recente sentenza della Corte costituzionale – la n. 191 del 14 giugno 2007 – a proposito di un atto che sembrerebbe avere rispetto alla circolare, un “valore più cogente”, dato il suo carattere “intersoggettivo”, e cioè la risposta dell’Agenzia delle Entrate ad una istanza di interpello ex art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. “Statuto del contribuente”). …”