La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 19833 del 18 luglio 2024, intervenendo in tema di cessione di quote sociali, ha ribadito il principio secondo cui “… la cessione delle azioni, o delle quote, di una società di capitali, ha come oggetto immediato la partecipazione sociale, e solo quale oggetto mediato, la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale e, di conseguenza, alla consistenza economica della partecipazione possono giustificare la sua risoluzione o la riduzione del prezzo pattuito solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali. …” (Cass. n.5053/2024; Cass.n. 21590/2019; Cass. n. 7183/2019; Cass. n.16963/2014;Cass. n. 17948/2012; Cass. n. 16031/2007; Cass. n.26690/2006) 

La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata che aveva stipulato un contratto preliminare per l’acquisto di quote per il 51% di una società che gestiva una palestra ginnica nell’immobile di proprietà. I cedenti le quote sociali omettevano di indicare i vincoli di destinazione e di trasferibilità a terzi derivanti dai contributi e crediti agevolati concessi ai soci dalla Regione. La società acquirente le quote , venuta a conoscenza di tali vincoli, citava in giudizio i tre cedenti chiedendo la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare ed in subordine di annullamento per errore, o dolo, e di risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento. Il Tribunale adito respingeva le richieste della ricorrente ritenendo la mancata informazione dei vincoli sull’immobile nel preliminare non inerenti all’oggetto del preliminare, rappresentato dalla partecipazione societaria e non dall’immobile vincolato, mentre ha accolto la riconvenzionale dei soci accertando che essi erano receduti legittimamente dal preliminare. La società acquirente impugnava la decisione di primo grado. La Corte di appello, in riforma della sentenza impugnata, accolse parzialmente le doglianze della società acquirente ritenendo gravemente inadempienti i soci, dichiarando la risoluzione del preliminare e condannandoli per la quota di spettanza di ciascuno alla restituzione della caparra confirmatoria ricevuta. I soci promittenti venditori, avverso la decisione di appello, proponevano ricorso in cassazione fondato su due motivi.

I giudici di legittimità rigettavano il ricorso principale ed accoglievano quello incidentale.

Per gli Ermellini “… la partecipazione sociale “… attribuisce al titolare diritti amministrativi e diritti patrimoniali da esercitare nella società per effetto dell’acquisizione della qualità di socio. Un bene, la partecipazione sociale, che non si limita, quindi, ad attribuire al socio diritti patrimoniali parametrati al valore del patrimonio della società, ma che, in relazione a ciascun tipo societario prescelto, attribuisce anche diritti amministrativi, che consentono al socio di partecipare alla vita della società, esercitando tutte le facoltà concesse dalla legge e dallo statuto, rispetto alle quali l’aspettativa di redditività connessa all’esercizio dei diritti patrimoniali costituisce non più che un aspetto del complessivo status di socio. L’assetto patrimoniale del valore della partecipazione, in quanto corrispondente all’esercizio dei diritti patrimoniali spettanti al socio, è solo una parte dell’utilità che l’acquirente della partecipazione riceve per effetto del suo acquisto.

Lo status di socio attribuisce, quindi, diritti più ampi e ulteriori rispetto a quelli legati al concorso alla distribuzione degli utili, ipotesi nella quale potrebbe sussistere un interesse ad attribuire sempre e comunque rilevanza all’effettivo valore dei beni che costituiscono il patrimonio della società, in dipendenza di vizi che ne diminuiscano il valore, con conseguente ammissibilità delle azioni contrattuali a difesa dell’effettivo valore del bene mediato, in assenza di specifiche garanzie. …”

Il Supremo consesso precisa che l’orientamento minoritario “… non é in contrasto con quello prevalente, evidenzia che comunque le azioni esperibili a tutela dell’effettivo valore della partecipazione discendono da un’applicazione del generale canone di buona fede, e sono limitate alle ipotesi in cui la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, incida sulla solidità economica e sulla produttività della società, e quindi sul valore delle azioni o delle quote, che sono l’oggetto immediato della cessione, potendo per tale via integrare una mancanza delle qualità essenziali della cosa, ovvero essere indizio del fatto che i beni confluiti nel patrimonio siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente, quindi “radicalmente diversi” da quelli pattuiti (vedi in tal senso Cass. n. 3370/2004 richiamata nella sentenza impugnata e Cass. n.2843/1996). …”