La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 36053 depositata il 26 settembre 2024, intervenendo in tema di sequestro preventivo e somme di denaro, ha ribadito il principio secondo cui deve escludersi un’automatica estensione del sequestro a tutte le somme future, comunque individuate, che dovessero entrare nella sfera patrimoniale dell’imputato. Se, infatti, non può escludersi la possibilità di sottoporre alla cautela reale, e in un secondo momento alla misura ablativa definitiva, somme e cespiti costituenti il profitto (o il prodotto) dell’attività illecita che dovessero transitare su conti correnti intestati all’imputato o che dovessero essere, comunque, reperite nel corso di successive indagini, deve al contempo escludersi che questo possa valere per tutte le somme che, indipendentemente dalla loro origine illecita, siano state acquisite al patrimonio del soggetto dopo l’esecuzione della misura. Diversamente opinando, come osservato ancora una volta dalla già citata sentenza di questa Sezione Quinta, n. 31186 del 27/06/2023, si finirebbe per omologare, sul piano funzionale, il sequestro cd. impeditivo al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente o di valore, avente ad oggetto l’equivalente del prezzo o del profitto del reato: misura avente carattere sanzionatorio che è tesa a privare l’agente di ogni beneficio economico derivante dal fatto illecito, a prescindere dall’accertamento del nesso di pertinenzialità tra bene e reato, non applicabile ai delitti di bancarotta fraudolenta. “

La vicenda ha riguardato due imputati accusati del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Il GIP aveva disposto, con decreto, il sequestro preventivo, fino all’importo di € 918.091,00, dei saldi dei conti correnti e delle altre disponibilità finanziarie riconducibili ai due imputati, nonché delle somme che confluiranno in futuro su dette posizioni finanziarie fino a concorrenza con l’importo suindicato. La difesa di uno dei due imputati con istanza aveva chiesto che venisse «revocato il sequestro in esame per quanto concerne le future somme che perverranno sul conto corrente dell’assistito (compresa evidentemente la pensione mensile nella sua integrità; venga restituita all’assistito la cifra consistente nella somma delle porzioni di pensione a lui sequestrate mensilmente a far data dall’esecuzione del sequestro (e quindi dal luglio 2022) sino alla data» della richiesta. A fondamento di tale richiesta, la difesa aveva dedotto che sulla carta Postpay xxxxxxxxx intestata all’imputato confluiva anche l’assegno pensionistico percepito dall’attuale datore di lavoro, sequestrato in maniera asseritamente illegittima trattandosi di un’entrata di origine lecita entrata nel suo patrimonio successivamente al sequestro e non essendo, dunque, possibile alcuna confusione con «denari provento del presunto delitto di bancarotta». Il Giudice dell’udienza preliminare accoglieva parzialmente la richiesta, mantenendo il sequestro limitatamente alla quota di un quinto conteggiata non sul totale della pensione erogata bensì «sulla parte eccedente il doppio mensile dell’assegno sociale». La difesa dell’imputato presentò appello ex 322- bis cod. proc. pen. avverso tale decisione. Il Tribunale del riesame rigettava l’appello proposto affermando che le somme di danaro rinvenute nel patrimonio dell’imputato possono essere sottoposte a misura reale ove sia dimostrato che egli abbia conseguito un profitto in conseguenza del reato ascrittogli, sicché il sequestro sarebbe legittimo anche rispetto alle somme pervenute all’imputato successivamente, sino alla concorrenza del profitto, dovendo questo essere riferito all’incremento monetario prodottosi nel patrimonio dell’agente e non al denaro fisicamente inteso, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittima, sia pure in materia dei reati tributari (cita Sez. 3, n. 41589 del 16/05/2023 e Sez. 3, n. 42616 del 20/09/2022). L’imputato avverso avverso il predetto provvedimento proponeva ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

I giudici di legittimità annullavano il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale.

Gli Ermellini evidenziano che nel caso esaminato la misura reale è stata disposta ai sensi del combinato disposto dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e dell’art. 240, comma primo, cod. pen. per cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato per il quale non è prevista la confisca per equivalente, come avviene proprio per la bancarotta fraudolenta patrimoniale, non può avere ad oggetto denaro che abbia una provenienza lecita certa e che sia stato percepito successivamente all’esecuzione del sequestro o, in caso di mancata adozione della misura cautelare reale, della confisca, qualora, essendo venuto meno nel patrimonio dell’imputato, al momento della cautela reale_o dell’ablazione, qualsivoglia attivo dello stesso genere, sia impedita l’automatica confusione nel patrimonio stesso del denaro acquisito lecitamente dopo l’esecuzione della misura cautelare o di quella ablativa (Sez. 5, n. 31186 del 27/06/2023, Rv. 285072 – 01).”

I giudici di piazza Cavour chiariscono che “in termini di ricostruzione della cornice giurisprudenziale di riferimento, osserva il Collegio che l’ordinanza del Tribunale del riesame ricostruisce correttamente in termini di confisca diretta il sequestro preventivo delle somme di danaro confluite sui conti correnti e delle altre disponibilità finanziarie riconducibili a […] fino all’importo di 918.091,00 euro. Tale soluzione, infatti, appare coerente con la qualificazione della confisca come diretta e con la premessa secondo cui le somme entrate a far parte del patrimonio dell’imputato si sono confuse con i valori monetari già presenti al momento del sequestro, rendendo impossibile distinguere ciò che è di origine lecita da ciò che non lo è.

Viceversa, non corretta appare la sottoposizione alla misura ablativa sia delle somme accreditate sul conto corrente successivamente all’esecuzione del sequestro preventivo derivanti dalla corresponsione tout court dell’assegno pensionistico e aventi causale lecita (mai revocata in dubbio dal Tribunale del riesame), sia di tutte le somme, genericamente individuate, che confluiranno in futuro sulle anzidette posizioni finanziarie fino alla concorrenza dell’importo corrispondente al profitto come determinato. Come è stato più sopra osservato, infatti, nel caso in cui il sequestro originariamente disposto abbia «azzerato» le disponibilità di denaro sui conti correnti dell’imputato, il successivo maturare dei crediti correlati al rapporto pensionistico, come avvenuto nel caso di specie, non avrebbe realizzato quella «confusione» il cui presupposto è che la somma di denaro «sia stata reperita nel patrimonio del reo al momento dell’esecuzione della misura ablativa o, se del caso, del prodromico vincolo cautelare»

(…)

il Giudice della cautela, nel valutare l’istanza di restituzione, avrebbe dovuto verificare se, per effetto e al momento dell’esecuzione della cautela reale, si fosse verificato o meno un «azzeramento» delle disponibilità patrimoniali dell’imputato incompatibile con il descritto fenomeno di confusione tra i valori monetari del suo patrimonio.”

Il Supremo consesso rileva come el medesime ragioni deve escludersi un’automatica estensione del sequestro a tutte le somme future, comunque individuate, che dovessero entrare nella sfera patrimoniale dell’imputato. Se, infatti, non può escludersi la possibilità di sottoporre alla cautela reale, e in un secondo momento alla misura ablativa definitiva, somme e cespiti costituenti il profitto (o il prodotto) dell’attività illecita che dovessero transitare su conti correnti intestati all’imputato o che dovessero essere, comunque, reperite nel corso di successive indagini, deve al contempo escludersi che questo possa valere per tutte le somme che, indipendentemente dalla loro origine illecita, siano state acquisite al patrimonio del soggetto dopo l’esecuzione della misura. Diversamente opinando, come osservato ancora una volta dalla già citata sentenza di questa Sezione Quinta, n. 31186 del 27/06/2023, si finirebbe per omologare, sul piano funzionale, il sequestro cd. impeditivo al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente o di valore, avente ad oggetto l’equivalente del prezzo o del profitto del reato: misura avente carattere sanzionatorio che è tesa a privare l’agente di ogni beneficio economico derivante dal fatto illecito, a prescindere dall’accertamento del nesso di pertinenzialità tra bene e reato, non applicabile ai delitti di bancarotta fraudolenta. “