La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 26432 depositata il 10 ottobre 2024, intervenendo in tema del c.d. “transfer pricing” (determinazione dei prezzi di trasferimento tra società collegate o controllate), ha ribadito il principio secondo cui ” in tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all’art. 110, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del fenomeno economico del “transfer pricing”, cioè dello spostamento dell’imponibile fiscale in seguito ad operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, impone la determinazione dei prezzi ponderati di trasferimento per operazioni similari poste in essere da imprese concorrenti sul mercato, al cui fine è possibile utilizzare il metodo elaborato dall’Ocse che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. “TNMM”), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività (cfr. Cass. V, n. 15668/2022, seguita da Cass. T., n. 2853/2024).”
Per gli Ermellini le pronunce del 2013, n. 24005 e 24010 della Suprema Corte hanno chiarito che ” le priorità di criteri fissati dal dato normativo di cui all’art. 3, nono comma, del detto d.P.R. n. 917/1986, dando prevalenza -ma secondo una logica di tendenziale possibilità- ai listini di chi ha fornito i beni, poi alle mercuriali e tabelle camerali o professionali, ai casi d’uso o al mercato interno, quale criterio residuale. Il confronto del prezzo è dunque criterio opportuno, ma non in astratto ed in ogni caso, bensì in base alle specifiche dell’operazione di comparazione da svolgere ed in presenza di sufficienti parametri oggettivi di riferimento (il tertium comparationis ben noto già agli antichi), cui agganciare il modello da applicare.
Rispetto a tali arresti giurisprudenziali, che facevano riferimento al modello OCSE 1995, questa Corte ha proceduto nell’affinamento quando è stata chiamata ad applicare il criterio OCSE 2010, avendo modo di osservare che in tema di “transfer pricing”, ai fini dell’individuazione del “valore normale” dei prezzi di trasferimento applicati ai sensi dell’art. 110, comma 7, T.U.I.R. (“ratione temporis” vigente), come integrato dalle linee guida OCSE del 2010 sui prezzi del trasferimento per le imprese multinazionali e le Amministrazioni fiscali, il metodo transazionale di ripartizione degli utili (cd. “transactional profit split method”, TPSM o PSM) è utilizzabile in modo altrettanto affidabile rispetto agli altri metodi di determinazione dei prezzi a condizione che, dopo l’accurata delimitazione della transazione, ivi compresa l’analisi funzionale, sia possibile procedere all’identificazione di una forte correlazione tra i costi sostenuti ed il valore aggiunto creato nel corso della transazione e purché le chiavi di allocazione selezionate – per le quali rilevano la classificazione contabile dei costi infragruppo e l’esistenza di eventuali differenze (“higt labour-cost country vs. low labour-cost country”) – siano conformi (“compliant”) per affidabilità dei risultati (OECD Guidelines, 2010, § 2.116) (cfr. Cass. V, n. 11837/2020). “
Il Supremo consesso ha precisato che ” le raccomandazioni Ocse fuoriescano dalla gerarchia delle fonti. Si tratta infatti di norme tecniche, sistemi derivati da modelli matematici, contabili e attuariali che sono tradizionalmente sussidiari alle disposizioni normative di rango legislativo o regolamentare. La loro stessa natura, quindi, ne esclude un sistema di primogenitura, salvo i casi in cui la preferenza viene espressamente fissata in forma normativa, che è però operata direttamente dal legislatore, mai dall’Ocse. Ne deriva quanto sia fuorviante ricercare nelle raccomandazioni Ocse un metodo in astratto prevalente sull’altro, perché cioè è estraneo alla struttura istituzionale di quella Organizzazione, né pertiene al suo compito convenzionale fissare priorità, bensì solo proporre modelli. All’opposto, resta ai singoli Paesi contraenti -in espressione di quel “nocciolo duro” della sovranità statale che è il potere impositivo- fissare eventualmente un ordine di precedenze che, peraltro, non è nel settore che qui occupa.
Ed infatti, il continuo riferimento alla “normalità” dei prezzi, forma un rinvio alla scelta del sistema che sia -nel concreto- più aderente a rappresentare il caso in esame. Se non si tratta di ordine gerarchico (delle fonti), come detto, si concreta invece il fenomeno della pluriqualificazione, ovvero la possibilità che il medesimo fenomeno possa essere rubricato sotto plurime figure giuridiche, cioè -secondo la tradizionale terminologia dogmatica- la stessa fattispecie concreta può essere sussunta in più fattispecie astratte concorrenti. Donde l’interprete è chiamato a scegliere -motivatamente- quello ritenuto più aderente al caso, secondo lo scopo (tèlos) della norma.
Per gli atti amministrativi in genere e per quelli impositivi in particolare, la scelta del modello applicabile dev’essere giustificata con le forme proprie della motivazione degli atti provvedimentali cui accedono, con la conseguenza che è scrutinabile avanti il giudice di merito l’aderenza del modello proposto al caso concreto in esame e diviene sindacabile in sede di legittimità, mediante la denuncia di violazione di legge, l’applicazione di un modello o sistema di calcolo che non risulti coerentemente motivato in relazione alla fattispecie concreta. Trattandosi infatti, come detto in premessa, di norme tecniche, si è di fronte a strumenti operativi (tekne, sive mezzo per un fine) funzionali al perseguimento ed all’attuazione specifica di una disposizione normativa che li richiama o li prevede. “
I giudici di legittimità, sulla base dei precedenti richiamati, ha statuito i seguenti principi di diritto:
– Le raccomandazioni Ocse non si inseriscono nella gerarchia delle fonti normative, ma forniscono sussidi e metodi operativi (norme tecniche) per l’attuazione nello specifico di disposizioni legislative o regolamentari di ampia portata (norme elastiche) quale l’espressione di “condizioni usuali”, “prezzo normale” ed altre consimili.
– Fra i diversi criteri forniti dalle norme tecniche, spetta all’interprete individuare quello più aderente alla fattispecie concreta, tenendo presente lo scopo perseguito dalla norma.
– La motivazione sulla scelta del criterio di calcolo o del modello matematico è scrutinata dal giudice di merito in base ai canoni propri del provvedimento (accertativo, impositivo, impoesattivo) cui accede, mentre è sindacabile in sede di legittimità attraverso la censura della violazione di legge, individuando con precisione il vizio di sussunzione del giudice di merito ed indicando nel contempo il criterio alternativo ritenuto più aderente al caso concreto.