Gli Ermellini nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto ha puntualizzato che il “Tribunale che… ha ancorato il fumus del reato all’esito della disamina del compendio probatorio” e cioè alla “relazione del curatore fallimentare delle società cartiere, ‘prova documentale’… che… può legittimamente essere utilizzata in questa sede e posta a fondamento del provvedimento ablativo”, e agli “accertamenti della G di F. sulle compensazioni operate da società terze che si erano accollate il credito Iva (fittizio) ceduto dalle prime due, e che, grazie all’intervento dell’indagato…, persona deputata ad operare la materiale compensazione, mediante invio dei mod. F24 a saldo 0, avevano così compensato i loto debiti tributari…”
Inoltre i giudici del palazzaccio hanno ribadito l’illeceità della compensazione mediante accollo, confermando la natura fraudolenta delle compensazioni operate, in quanto l’articolo 17, Dlgs n. 241/1997, non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti. Tale orientamento giurisprudenziale risulta conforme al contenuto della risoluzione n. 140/2017 dell’Agenzia delle Entrate che considera l’illegittimità del pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito del c.d. “accollo fiscale”.