La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21237 depositata il 13 settembre 2017 intervenendo in tema di integrazione dell’avviso di accertamento affermando che la documentazione extracontabile rinvenuta in occasione di una seconda verifica possono costituire un elemento probatorio nuovo e legittimare l’emissione dell’avviso di accertamento integrativo, ex artt. 43 d.P.R. n. 600/73 e 57 d.P.R. 633/72.
La vicenda ha riguardato una società di capitale, successivamente fallita, a cui a seguito di una verifica fiscale veniva notificato un avviso di accertamento per le irregolarità rilevate durante la verifica in cui veniva riscontrato l’esposizione di componenti positivi fittizi. Successivamente veniva disposta una nuova verifica in cui venivano rinvenuti nuovi documenti. Avverso l’atto impositivo la contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici accoglievano le doglianze della ricorrente ed in particolare ritenendo che l’Ufficio avesse agito in assenza dei presupposti per l’emissione di un avviso “integrativo” ai sensi degli articoli 43 del d.P.R. n. 600/73 e 57 del d.P.R. 633/72. La decisione dei giudici di prime cure veniva confermata dalla Commissione Tributaria Regionale.
Si ricorda che gli articoli 43 del Dpr 600/73 ed articolo 57 del Dpr 633/72 dispongono che, fino alla scadenza dei termini di notifica, gli accertamenti e le rettifiche possono essere integrati o modificati “mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle entrate.” Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’Ufficio.
I giudici di appello ha ritenuto che le prime indagini dell’Amministrazione non fossero state svolte diligentemente; il che aveva reso impossibile l’emissione del secondo avviso di accertamento, posto che l’accertamento integrativo richiede la conoscenza di un elemento “nuovo sopravvenuto”, e quindi deve trattarsi di un elemento probatorio che deve essere non soltanto non conosciuto, ma anche non conoscibile al momento del primo accertamento.
Avverso al decisione della CTR l’ufficio propone ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del Fisco ritenendo che la sentenza della CTR sia affetta dal vizio nel ragionamento non ritenendo la valutazione circa la sussistenza di elementi di novità, tali da giustificare l’avviso integrativo.
I Giudici del palazzaccio evidenziano che i “nuovi elementi” che legittimano l’adozione di un secondo avviso di accertamento, “la lettera normativa risulta quanto mai ampia rispetto alla loro fonte in quanto li ricollega a ‘atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte’, di guisa che tali elementi ben possono essere costituiti da elementi non strettamente contabili tali, tuttavia, da indurre una rivalutazione dei documenti contabili già in possesso dell’Amministrazione, sempre che per detti elementi ricorra il requisito della novità e sia stata fornita la chiara indicazione della fonte dalla quale sono stati acquisiti.”
Per la Suprema Corte la decisione della CTR non appare conforme a diritto laddove, nel valutare il compendio probatorio offerto dall’Amministrazione, non dice per quale ragione abbia escluso la rilevanza e il carattere di novità agli elementi desunti dalla documentazione extracontabile e da quanto acquisito a seguito delle perquisizioni successive alla prima verifica “e, quindi, perché abbia ritenuto non fossero idonei, in ragione della inferenza logica propugnata dall’Amministrazione con la documentazione già in possesso di quest’ultima, a condurre a conclusioni investigative diverse, non ipotizzabili in precedenza, in assenza delle più recenti acquisizioni probatorie confluite nell’avviso di rettifica.”
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