La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29761 depositata il 15 novembre 2019 intervenendo in tema di accertamento con metodo sintetico ha statuito che è legittimo l’accertamento con il redditometro fondato sull’acquisto dell’automobile pagata a con rate mensili e dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva così come predeterminati ex lege. Per cui è “legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori – indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore”
La controversia ha riguardato un contribuente a cui veniva notificato un avviso di accertamento emesso, ex articolo 38 Dpr n. 600/1973. Con il predetto atto impositivo l’Amministrazione Finanziaria determinava presuntivamente un maggior reddito imponibile sulla base di alcuni parametri di spesa rilevanti (quali l’acquisto di un’autovettura e il canone di locazione corrisposto per casa di abitazione). Il contribuente impugnava l’accertamento in Commissione Tributaria Provinciale, i cui giudici di prime cure accolgono le doglianze della ricorrente. L’Agenzia delle Entrate impugna la decisione della CTP con ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello ritengono infondato l’avviso di accertamento e che il contribuente abbia dato prova delle altre entrate.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, avverso la sentenza della CTR, fondato su un unico motivo.
Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’Amministrazione finanziaria ribadendo che “i confini della prova contraria in materia” di accertamento sintetico (cfr Cassazione nn. 5544/2019, 12026/2018 e 8995/2014), “disponendo che l’art. 38 D.P.R. 600/73 onera il contribuente di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, la cui entità e la cui durata nel possesso devono risultare da idonea documentazione”
Per cui, secondo i giudici di legittimità, al contribuente “si chiede qualcosa in più della mera disponibilità di ulteriori redditi o del semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta “la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere”
Inoltre l’onere probatorio gravante sul contribuente “non deve ritenersi particolarmente oneroso per il contribuente, in quanto, non solo la prova non è tipizzata e può essere offerta “con qualsiasi elemento idoneo a fornire adeguata certezza circa la natura non reddituale dell’elemento preso in considerazione” , in quanto la prova può “essere fornita con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente” idonei a dimostrare l’entità e la durata del possesso dei redditi.
I giudici del palazzaccio hanno riaffermato che “l’accertamento effettuato con metodo sintetico dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva così come predeterminati ex lege. Infatti, i fattori-indice fondano una presunzione di capacità contributiva “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., imponendo di ritenere conseguente al fatto di tale disponibilità l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova del contribuente in ordine alla provenienza non reddituale”
In particolare la Suprema Corte, per il caso di specie, ha chiarito che, “una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici ‘elementi indicatori di capacità contributiva’ esposti dall’ufficio, il giudice non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova del contribuente in ordine alla provenienza non reddituale” (Cassazione, nn. 29761/2019 e 17487/2016).
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