La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 20421 depositata il 23 luglio 2024, intervenendo in tema di efficacia tributaria della certificazione dei contratti di lavoro, ha statuito il seguente principio di diritto secondo cui “L’esercizio del potere-dovere del giudice tributario di qualificare l’operazione economica sottostante il contratto, anche sulla base dell’esecuzione dello stesso, e di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria instauratasi al verificatesi di un atto o fatto rilevatore di capacità contributiva ex art. 53 Cost., non è precluso dalla certificazione del contratto di cui agli artt. 75 e ss. del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e dalla mancata impugnazione di tale certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro“
La vicenda aveva riguardato una società a cui l’Agenzia delle entrate aveva notificato un avviso di accertamento che traeva origine da due contratti d’appalto stipulati dalla contribuente con altrettante cooperative e riqualificati come contratti di somministrazione di manodopera, in ragione della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa. I rapporti intrattenuti dalla contribuente venivano così ritenuti riconducibili non a prestazioni di servizi e come tali fatturate dalle cooperative a fini IVA, bensì a semplici somministrazioni di manodopera da parte dei dipendenti della cooperativa. Per l’effetto, l’Amministrazione finanziaria riteneva che le prestazioni fatturate andassero qualificate come riferite ad un mero rimborso dei costi relativi al personale impiegato dalle cooperative, e non fossero soggette ad IVA. La società impugnava tale atto impositivo. Il giudice di prime cure rigettava il ricorso. La società proponeva appello. I giudici di secondo grado accoglievano l’appello proposto. L’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza di appello, proponeva ricorso per cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità accoglievano il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassavano la sentenza impugnata e rinviavano la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado
I giudici di piazza Cavour con la sopra indicata ordinanza hanno precisato che “… il Collegio ritiene che il quadro normativo sopra ricostruito non abbia inteso introdurre una deroga ai poteri ordinari del giudice tributario di qualificazione del rapporto controverso inerente all’obbligazione tributaria …”. E affermato, in linea con l’attuale di riferimento, che “…tanto si desume sia dall’interpretazione letterale della legge sia da una lettura sistemica e topografica delle singole previsioni sopra riassunte, tutte incentrate sulla qualificazione del contratto di lavoro ai fini civili e sul ruolo del giudice ordinario ai fini dell’eventuale impugnazione della certificazione, né vi è traccia di riferimenti al rapporto tributario e al giudice tributario nella legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, dettata specificamente in materia di occupazione e mercato del lavoro. Un piano è quello della qualificazione civilistica del contratto, in questo caso di appalto, oggetto di certificazione e di azione presso il giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro individuato ex art. 413 cod. proc. civ., i cui effetti sono regolati dal d.lgs. n. 276/2003 per espressa ratio legis. Altro piano riguarda l’obbligazione tributaria, di diritto pubblico, e la qualificazione dell’opera-zione economica sottostante e la pronuncia sull’obbligazione tributaria generata. Della questione il giudice tributario è pienamente investito, dovendo tener conto della certificazione in quanto fatto dedotto del processo ed elemento che compone il quadro probatorio complessivo, ma senza essere vincolato in punto di qualificazione del rapporto dagli artt.75 e ss. d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Infatti, il complesso normativo suddetto ha rilevanza ai diversi fini della qualificazione civilista del contratto e della deflazione del contezioso civile, non ha anche efficacia vincolante ai fini della determinazione del rapporto tributario, la cui qualificazione può avvenire anche sulla base dell’esecuzione del contratto al di là delle espressioni formali usate dalle parti …”.
Al fine di rafforzare le proprie conclusioni, i giudici di legittimità hanno evidenziato che “… ciò è si desume anche, in chiave eurounitaria, dall’elaborazione giurisprudenziale che fa riferimento all’imposta armonizzata, considerato che la Corte di Giustizia UE costantemente afferma (cfr. ad es. 11 dicembre 2014 nella causa C-590/13) che il diritto alla detrazione deve poggiare su requisiti di carattere sostanziale, da verificarsi nel caso concreto tramite il sindacato del giudice. In definitiva, quindi, secondo la Suprema Corte la nuova norma sulla prova, introdotta con la recente riforma del processo tributario, non ha effetti in materia di fatture soggettivamente inesistenti. Con specifico riferimento alla legittimità del trattamento Iva del distacco di personale secondo la legislazione italiana, sollevata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza interlocutoria n. 2385/2019, la Corte di Giustizia (sentenza 11 marzo 2020 in causa C-94/19, San Domenico Vetraria) ha affermato che il punto cruciale è l’interpretazione della causa, per definire se prestazione e pagamento si condizionino reciprocamente. Dunque, la certificazione civilistica sulla base del d.lgs. n. 276/2003 non può precludere l’esercizio del potere-dovere di qualificazione dell’operazione economica sottesa da parte del giudice tributario…”.
Infine il Supremo consesso ha evidenziato che “…l’interpretazione qui accolta sul piano sostanziale è anche pienamente coerente, sul piano processuale, con la previsione dell’art. 2 comma 3 del d.lgs. n. 546/1992 specificamente dettata per il processo tributario, il quale dispone che il giudice deve risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta la sola eccezione in favore dell’AGO per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità distare in giudizio. Questa previsione non comporta l’abrogazione implicita, né l’inefficacia della previsione della certificazione sopra descritta, dal momento che la certificazione del contratto resta valida ed efficace sul piano civile, né si limita ad opera sul piano processuale anziché sostanziale, poiché investe il potere-dovere del giudice tributario di pronunciarsi sul rapporto qualificandolo. Al tempo stesso, l’interpretazione fatta propria dal Collegio rispetta i limiti che l’art. 2 comma 3 del d.lgs. n.546/1992 traccia ai poteri del giudice tributario e al suo rapporto con il giudice ordinario…”.