La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 1472 depositata il 15 gennaio 2024, intervenuto in tema di licenziamento per illecito di pericolo, ha ribadito che “… il lavoratore deve in ogni caso astenersi da comportamenti che possano ledere l’interesse del datore di lavoro alla corretta esecuzione dell’obbligazione principale dedotta in contratto, argomentando che la mancata prestazione lavorativa in conseguenza dello stato di malattia del dipendente in tanto trova tutela nelle disposizioni contrattuali e codicistiche in quanto non sia imputabile alla condotta volontaria del lavoratore medesimo che operi scelte idonee a pregiudicare l’interesse datoriale a ricevere regolarmente detta prestazione (cfr. Cass. n. 1699 del 2011); …”
La vicenda ha riguardato una dipendete di una società di capitale il quale durante l’assenza per malattia prestava attività lavorativa in ore serali, era stata vista in un locale pizzeria mentre era impegnata a prendere le ordinazioni ai tavoli e al bar e ad accogliere e servire i clienti. Il datore di lavoro, a seguito di tale comportamento durante il periodo di comporto, comunicava alla dipendente il suo licenziamento disciplinare. La lavoratrice impugnava il provvedimento di espulsione. Il Tribunale adito rigettava l’impugnativa del licenziamento disciplinare. Avverso tale decisione la dipendente proponeva appello. La Corte territoriale respingeva il reclamo, svolto nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ritenendo che l’attività extralavorativa espletata dalla ricorrente violava i suoi doveri di cura e di sollecita guarigione. La dipendente proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità nel rigettare il ricorso della dipendente hanno ritenuto legittimo il suo licenziamento che durante il periodo di malattia poneva in atto comportamenti che compromettano l’adempimento dell’obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia.
Per il Supremo consesso “… in tale prospettiva assume peculiare rilievo l’eventuale violazione del dovere di osservare tutte le cautele, comprese quelle terapeutiche e di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall’infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati, sia che si intenda tale dovere quale riflesso preparatorio e strumentale dello specifico obbligo di diligenza, sia che lo si collochi nell’ambito dei pi๠generali doveri di protezione scaturenti dalle clausole di correttezza e buona fede in executivis, evitando comportamenti che mettano in pericolo l’adempimento dell’obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia;
inoltre va condiviso l’assunto per il quale la valutazione del giudice di merito, in ordine all’incidenza sulla guarigione dell’altra attività accertata, ha per oggetto il comportamento del dipendente nel momento in cui egli, pur essendo malato e (per tale causa) assente dal lavoro cui è contrattualmente obbligato, svolge un’altra attività che può recare pregiudizio al futuro tempestivo svolgimento di tale lavoro; in questo modo, la predetta valutazione è costituita da un giudizio ex ante, riferito al momento in cui il comportamento contestato si è tenuto ed ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio, con la conseguenza che, ai fini di questa potenzialità , la tempestiva ripresa del lavoro resta irrilevante (per tutte, v. Cass. n. 14046 del 2005; conf., Cass. n. 24812 del 2016; Cass., n. 21667 del 2017; Cass. n. 3655 del 2019; Cass. n. 9647 del 2021; secondo Cass. n. 16465 del 2015 lo svolgimento di attività in periodo di assenza dal lavoro per malattia, costituisce illecito di pericolo e non di danno, il quale sussiste non soltanto se quell’attività abbia effettivamente provocato un’impossibilità temporanea di ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia stata posta in pericolo, ossia quando il lavoratore si sia comportato in modo imprudente; in proposito v. pure Cass. n. 27104 del 2006); ovviamente la valutazione di tipo prognostico circa l’idoneità della condotta contestata, indice di scarsa attenzione del lavoratore per la propria salute e per i relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione, a pregiudicare, anche solo potenzialmente, il rientro in servizio non potrà che essere effettuata ex post in giudizio, eventualmente con l’ausilio di una consulenza di tipo medicolegale (cfr. Cass. n. 4237 del 2015);
infine, è incontrastata da lungo tempo la constatazione che l’accertamento in ordine alla sussistenza o meno dell’inadempienza idonea a legittimare il licenziamento, sia essa la fraudolenta simulazione della malattia ovvero l’idoneità della diversa attività contestata a pregiudicare il recupero delle normali energie psico fisiche, si risolve in un giudizio di fatto, che dovrà tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, come tale riservato al giudice del merito, con i consueti limiti di sindacato in sede di legittimità (ad ex., Cass. n. 3142 del 1983; Cass. n. 2585 del 1987; pi๠di recente, ex multis, Cass. n. 17625 del 2014; Cass. n. 21667 del 2017); …”