La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 38031 depositata il 17 settembre 2013 intervenendo in tema di mancato pagamento dei contributi ha riconfermato il principio secondo cui non risponde del reato di omissione contributiva il datore di lavoro al quale non viene notificato l’accertamento INPS, ma solo il decreto penale di condanna che non specifica il periodo di omesso versamento, l’importo e la sede dell’ente presso cui adempiere entro il termine di tre mesi previsto dalla legge affinché operi la causa di non punibilità.
La normativa inerente al mancato versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, regolata della L. n.638/1983 da ultimo modificata dal dal D.Lgs. n. 211/1994, consente al datore di lavoro di non essere oggetto di sanzione penale se provvede al versamento entro 3 mesi decorrenti dalla contestazione ovvero dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. Gli Ermellini hanno, con la sentenza in commento, confermato e chiarito che (da ultimo: Cass. n. 15632/13), nel caso non risulti certa la contestazione della notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni, il termine di tre mesi concesso al datore di lavoro per provvedere al versamento dovuto – che rende operante la causa di non punibilità prevista dall’art. 2 della L. n.638/1983 – decorre dalla notifica del decreto di citazione per il giudizio o eventualmente dalla notifica dell’avviso di cui all’art. 515 bis c.p.p. (conclusione indagini preliminari). Con la notifica del decreto di citazione, invero, il datore conosce sicuramente l’accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti ed è così messo in grado di sanare le contestate violazioni (v. Cass. n. 38501/2007).
Inoltre si rammenta la sentenza delle Sezioni Unite n. 1855/2011 secondo cui il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall’indicazione del periodo di omesso versamento e dell’importo, l’indicazione della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità.
Il principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite è stato confermato dalla sentenza in esame che lo ha utilizzato ai fini della decisione con riferimento al decreto penale di condanna. Nella fattispecie, come rilevato dalla ricorrente, il decreto penale di condanna non conteneva affatto tutti gli elementi dell’atto di accertamento proveniente dall’INPS mancando ogni riferimento agli importi delle somme da pagare e al termine di tre mesi concesso per eseguire il pagamento al fine di usufruire della causa di non punibilità prevista dalla legge. Peraltro la Corte territoriale si è limitata a richiamarlo senza approfondire la questione assolutamente determinante ai fini della decisione sul decorso del termine per fruire della causa di non punibilità. “Di conseguenza – conclude la Cassazione -, la mancata notifica dell’avviso di accertamento di cui la Corte d’Appello prende sostanzialmente atto e l’inidoneità del decreto di penale di condanna a valere come atto equipollente e, quindi, il mancato decorso del termine escludono la punibilità e quindi la possibilità di emettere una pronuncia di condanna”.
Pertanto gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell’imputato e rinviato alla Corte di Appello per una nuova sentenza secondo i principi della Cassazione.
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