La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 6 depositata il 2 gennaio 2024, intervenendo in tema di crediti inesistenti e crediti non spettanti ha ribadito che “… L’art. 13 del D.lgs. 471/1997 non definisce il “credito non spettante” e di certo non negli stessi termini indicati dal comma 5 della stessa norma, non richiedendone gli stessi presupposti di fatto (l’emersione, cioè, da una delle procedure di accertamento “semplificate”).
Ciò comporta che, seguendo una tesi differente e “ampliativa”, nella stessa disposizione convivrebbero irragionevolmente due diversi presupposti della medesima condotta: nel caso di utilizzazione di crediti non spettanti, non sarebbe richiesto il requisito della loro facile rilevabilità a seguito di uno dei controlli citati;
nel caso di compensazione con crediti inesistenti, tale requisito sarebbe invece richiesto, “con l’ulteriore, assurda conseguenza che la condotta più grave avrebbe un margine di applicazione (in conseguenza di presupposti non richiesti in caso di crediti non spettanti) addirittura meno ampio di quella meno grave”. …”
In altri termini, a differenza dell’ambito amministrativo alla luce delle sentenze delle sezioni unite civili nn. 34419 e 34452/2023, nel sistema penal-tributario è inapplicabile la distinzione tra crediti non spettanti e inesistenti.
Per i giudici di legittimità a seguito della riforma operata con il D.lgs. n. 158 del 2015, la rilevanza penale dell’indebita compensazione varia a seconda che si tratti di “crediti inesistenti” o di “crediti non spettanti”.
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una società il quale veniva accusato del del reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, quale legale rappresentante della società cooperativa, per importi superiori alla soglia di legge. Il GUP, all’esito del giudizio abbreviato richiesto, riconosceva l’amministratore colpevole dei reati ascrittegli. L’imputato avverso la decisione del GUP proponeva appello. La Corte territoriale confermava la sentenza impugnata. Avverso la sentenza di appello l’imputato proponeva ricorso in cassazione fondato su un unico motivo.
Il Supremo consesso, nel rigettare il ricorso, evidenzia che “… Parte della giurisprudenza di legittimità (da ultimo, si v. Sez. 3, n. 16353 del 21/02/2023, Grandi, non massimata), afferma che, ai fini della configurabilità del delitto in esame, per credito “non spettante” si intende quel credito che, pur certo nella sua esistenza e nell’ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l’Erario (v. anche Sez. 3, n. 36393 del 07/07/2015, Rv. 265014). Nel caso esaminato dalla richiamata sentenza n. 16353/2023, la tesi difensiva – accolta dalla Corte d’appello – aveva invece evidenziato (al pari di quanto sostenuto dal ricorrente nel presente giudizio) la necessità di interpretare la locuzione “crediti inesistenti”, contenuta nel comma 2 dell’art. 10-quater del Dlgs. 74/2000, alla luce dell’art. 13 del D.lgs. 471/1997, e cioè richiamando “una definizione volta ad escludere, dal novero dei crediti inesistenti, quelli per i quali la mancanza del presupposto costitutivo non era riscontrabile attraverso i controlli automatici previsti dalla normativa tributaria”.
La sentenza richiamata, la cui motivazione questo Collegio condivide, non ha concordato con questa impostazione, dando seguito a quel diverso indirizzo interpretativo che ritiene applicabile alla sola materia degli illeciti di natura amministrativa la definizione dell’art. 13 del D.lgs. 471/1997, imperniata sul duplice presupposto della mancanza totale o parziale del presupposto costitutivo dei cre diti medesimi, e della non riscontrabilità della compensazione indebita mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR 600/73 e all’art. 54-bis del DPR 633/72.
[…]
Deve, a tal proposito, essere osservato che l’art. 10-quater non richiama espressamente, a fini definitori dei “crediti inesistenti”, il citato art. 13 anche se costituisce un dato inequivocabile, sottolineato dal ricorrente, che entrambe le norme sono state modificate dal medesimo D.lgs. 158/2015. Questo, da un lato, ha diversificato la reazione sanzionatoria penale in caso di indebita compensazione di crediti non spettanti (primo comma dell’art. 10-quater) o di crediti inesistenti (secondo comma); dall’altro ha modificato proprio l’art. 13 del D.lgs. 471/1997, estrapolando, dall’originaria indistinta fattispecie sanzionatoria dell’omesso versamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, dei versa menti in acconto, dei versamenti periodici, del versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, le specifiche condotte di “utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute”, for nendo, al contempo, la definizione di “crediti inesistenti” nei termini specificati dal comma 5 della norma (così Sez. 3, n. 23083 del 22/02/2022, Rv. 283236).
La sentenza n. 16353 del 21/02/2023 evidenzia che, proprio perché le norme sono state modificate con lo stesso testo normativo, il mancato richiamo dell’art. 13 nella fattispecie penale di indebita compensazione costituisce un forte argomento a sostegno della inapplicabilità della definizione di “credito inesistente” contenuta nella normativa tributaria. …”
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