La Corte di Cassazione, sezione I, con la sentenza n. 23557 depositata il 3 settembre 2024, intervenendo in tema di calcolo del quorum costitutivo e deliberativa per le società per azioni non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ha riaffermato il principio secondo cui “[i]l dettato normativo vigente è nel senso che, nelle società per azioni che non ricorrono al mercato del capitale di rischio, le azioni proprie debbano essere sempre conteggiate nel calcolo non dei soli quorum assembleari costitutivi, ma anche di quelli deliberativi: la nuova disposizione, invero, non lega affatto il calcolo alla diversa circostanza se la base per il medesimo sia il capitale sociale oppure quello rappresentato in assemblea, imponendo di calcolare in ogni caso le azioni proprie» (Cass. 2 ottobre 2018, n. 23950 cit., in motivazione).”
La vicenda ha riguardato la delibera con cui era stata disposta l’assegnazione gratuita, in favore dei soci, proporzionalmente alle rispettive partecipazioni, delle azioni in proprietà della società. La suddetta delibera assembleare veniva impugnata. Il Tribunale adito annullava la delibera assembleare impugnata in quanto il presidente dell’assemblea, pur conformandosi all’ordine, impartitogli in sede cautelare dallo stesso Tribunale, di prendere in considerazione le azioni proprie ai fini del computo della maggioranza deliberativa necessaria, aveva escluso dal conteggio i voti espressi dai soci di minoranza in ragione dell’asserito conflitto di interessi di cui gli stessi sarebbero stati portatori; il detto conflitto era stato escluso dal Giudice di prime cure, il quale aveva rilevato che nel caso di specie aveva trovato piuttosto espressione una fisiologica dialettica tra soci di maggioranza e soci di minoranza. La decisione di primo grado veniva appellata. La Corte territoriale confermava la sentenza impugnata. Il Giudice del gravame ha ritenuto che le azioni proprie andassero computate nel quorum deliberativo; ha quindi negato che tra i poteri del presidente dell’assemblea rientri anche quello di escludere dal computo del quorum suddetto il voto di soci in conflitto di interessi ed escluso, comunque, che tale conflitto nella fattispecie sussistesse, posto che il voto contrario espresso dai soci di minoranza trovava giustificazione nella progettata distribuzione gratuita delle azioni, che avrebbe reso la maggioranza, già detentrice del 47,12% del capitale sociale, padrona assoluta della società; ha riconosciuto la responsabilità risarcitoria di tutti gli amministratori della società. I ricorrenti che avevano impugnata la delibera propongono, avverso la decisione di appello, ricorso in cassazione fondato su sei motivi.
I giudici di legittimità rigettano il ricorso.
Per gli Ermellini in ordine al contenuto dell’articolo 2357-ter, come modificato dal d.lgs. n. 224 del 2010, hanno precisato che “in base al dato testuale, le azioni proprie della società andassero incluse nella base su cui calcolare i quorum costitutivi o deliberativi solo quando questi si configurassero quali «quote del capitale sociale»: era stato rimarcato, nell’occasione, che «il significato proprio del termine “capitale” è quello di capitale sociale ed è una evidente forzatura comprendere in esso anche il riferimento a parte soltanto di esso, quale quella rappresentata in assemblea» (Cass. 16 ottobre 2013, n. 23540, in motivazione).
(…)
La volontà espressa dal legislatore trova ragione nell’esigenza, ben evidenziata da Cass. 2 ottobre 2018, n. 23950 cit., di impedire, nelle società «chiuse», che le azioni proprie modifichino i rispettivi poteri dei soci e, più in generale, che risulti alterata la c.d. funzione organizzativa del capitale sociale: la prospettiva funzionale associata alla norma vigente è dunque rovesciata rispetto a quella che poteva accostarsi alla precedente versione del testo legislativo, ove era dominante il fine di evitare situazioni di stallo, per l’impossibilità di formare una maggioranza, rispetto a decisioni dalle quali dipendesse la stessa sopravvivenza della società (Cass. 16 ottobre 2013, n. 23540 cit., in motivazione).”
Il Supremo consesso ricorda che il secondo comma dell’art. 2357-ter dispone per la azioni proprie che il diritto di voto sia sospeso, ma per le Spa chiuse le azioni proprie devono essere «computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea»; diversamente per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, in quanto per esse «il computo delle azioni proprie è disciplinato dall’art. 2368, terzo comma», e quindi dette azioni «non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione della deliberazione»
I giudici di piazza Cavour hanno evidenziato come “in tema di annullamento per conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 2373 c.c., della delibera assembleare, il vizio ricorre quando essa è diretta al soddisfacimento di interessi extrasociali, in danno della società (Cass. 3 dicembre 2008, n. 28748): si ha, cioè, conflitto di interessi rilevante quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società (Cass. 12 dicembre 2005, n. 27387).”