La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 26071 depositata il 4 ottobre 2024, intervenendo in tema di trattamento di fine rapporto per i soci lavoratori di cooperative, ha affermato il seguente principio di diritto secondo cui “Ai soci lavoratori di cooperativa si applicano in primo luogo le regole speciali previste dalla legge n. 142/2001 ed in secondo luogo le comuni regole previste dalle altre leggi di disciplina del lavoro in quanto compatibili con la posizione di socio lavoratore per come delineata dalla legge medesima. Nessuna incompatibilità sussiste ai fini del riconoscimento al socio lavoratore di cooperativa con contratto di lavoro subordinato del diritto al trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c.“
La vicenda ha riguardato un socio lavoratore di una cooperativa il quale ricorre giudizialmente per ottenere, oltre al rimborso delle somme trattenute in via integrale per contributi dovuti sul rapporto di lavoro, già poste ad esclusivo carico del lavoratore, anche del trattamento di fine rapporto. Il Tribunale adito, in veste di giudice del lavoro, non accoglie le richieste del dipendente. Avverso tale sentenza viene, dal lavoratore, proposto appello. La Corte territoriale in parziale riforma della sentenza del tribunale, accoglie le richieste pagare al dipendente le somme trattenute in via integrale per contributi dovuti sul rapporto di lavoro e del trattamento di fine rapporto. La società cooperativa proponeva ricorso, avverso la sentenza di appello, in cassazione fondato su tre motivi.
I giudici di legittimità rigettano il ricorso della cooperativa.
Per gli Ermellini “l’attribuzione del diritto al TFR regolato dall’art.2120 c.c. non si rinviene nella legge 142/2001 alcuna speciale previsione; né è possibile affermare che il suo riconoscimento sia incompatibile con la posizione di socio lavoratore di cooperativa.
Sicché deve concludersi che nella vigente legislazione non esistono motivi ostativi di alcuna natura per negare l’applicazione della disciplina relativa al trattamento di fine rapporto ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato. “
I giudici di piazza Cavour giungono a tali conclusione sulla base della legge 142/2001 precisando che “attraverso l’adesione alla c.d. teoria dualistica dei due rapporti giuridici collegati, la legge n. 142/2001 si è proposta di rimuovere le incertezze che da sempre hanno caratterizzato sul piano della disciplina giuridica la posizione di socio lavoratore di cooperativa in merito alla fruizione di almeno talune garanzie giuslavoristiche, via via riconosciute dalla giurisprudenza e dallo stesso ordinamento, ma senza un corrispondente fondamento sistematico. Posto che si era fin lì ritenuto, secondo la c.d. teoria monista, che la prestazione di lavoro (pur necessaria ai fini della fattispecie) trovasse titolo nel contratto di società, nella cui causa giuridica veniva quindi ricondotta anche la prestazione di lavoro.
Prendendo posizione sul vivace e risalente dibattito che ha preceduto la sua emanazione, la legge n. 142 ha invece chiarito espressamente che lo scambio mutualistico avente ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio avviene sulla base di un “distinto ed ulteriore” contratto (solo “ulteriore” dopo la legge n. 30/2003) da quello di società; sicché il lavoro cooperativo è divenuto il “luogo di convergenza di più cause contrattuali” (di cui parlano pure le Sez. unite di questa Corte nella sentenza n.27436/2017).
Secondo l’art. 1.3 prima parte della legge n. 142/2001 il contratto di lavoro (avente ad oggetto la prestazione di attività lavorative), capace di dischiudere, questa volta senza incertezze interpretative (ma nei termini e nei limiti previsti dalla stessa disciplina di legge), l’accesso all’agognato mondo del diritto di lavoro, potrà essere, a seconda dei casi, un contratto di lavoro subordinato, autonomo o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui il socio contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali.
Anche la Corte Costituzionale nella sentenza n. 51/2015 ha riconosciuto che “con detta legge il legislatore ha portato a compimento e sviluppato precedenti indirizzi, espressi a livello sia normativo sia giurisprudenziale volti ad estendere la tutela propria del lavoro subordinato ai soci lavoratori delle cooperative”.
Ed invero, attraverso il riferimento all’ulteriore rapporto di lavoro, la legge n. 142/2001 ha consentito di riconoscere – senza più indugi – al socio di cooperativa le specifiche tutele lavoristiche regolate nella medesima legge ed inoltre tutte le diverse garanzie previste nell’ordinamento nelle altre normative di tutela del lavoro in generale, fatta salva una verifica di compatibilità rimessa all’interprete.
Il 3° comma dell’art.1 della legge 142 prosegue infatti affermando che “dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.
Dunque ai soci lavoratori si applicano anzitutto le speciali regole previste dalla stessa legge n. 142/2001 (artt. 2, 3, 4, 5 e 6); ed in secondo luogo le regole comuni previste dalle altre leggi di disciplina del lavoro, in quanto compatibili con la posizione di socio lavoratore come delineata dalla legge medesima. Ciò, appunto, attraverso la verifica di compatibilità rimessa all’interprete, il quale dovrà effettuarla con riferimento al rispetto della inscindibilità dei due rapporti ed alla funzionalizzazione di essi al raggiungimento degli scopi sociali. Ed invero non tutte le regole lavoristiche sono comunque applicabili al socio di lavoro. Alcune di esse sono escluse dalla stessa legge 142/2001 (ad es. secondo l’art.2 della l.142 non si applica l’art.18 dello Statuto ogni qualvolta venga a cessare col rapporto di lavoro quello associativo; ed inoltre secondo l’art. 5 della legge con l’esclusione del rapporto associativo si estingue ex lege quello di lavoro, senza quindi la necessità di intimare alcun licenziamento). Mentre, come già detto, altre previsioni lavoristiche possono essere escluse sulla base della verifica di compatibilità che la legge rimette all’interprete.“