La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 5681 depositata il 5 febbraio 2014 intervenendo in tema di reati fiscali di cui all’articolo 10 ter del D.Lgs. 74/2000 per omesso versamento IVA ha affermato che ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante non basta la semplice rateazione del debito fiscale, è sempre necessario l’integrale pagamento di quanto delittuosamente non corrisposto.
La vicenda è stata originata dalla denucnia, da parte del fisco, dell’amministratore di una società di capitale per il reato di cui all’articolo 10 ter del D.Lgs. 74/2000 per aver omesso il versamento dell’IVA per una somma superiore ai 50 mila euro. il Tribunale riconosceva colpevole dei reati acritti l’amministratore della società conseguentemente lo condannava alla pena detentiva di di mesi due e giorni 20 di reclusione. L’imputato impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Corte di Appello i cui giudici, però, confermavano la decisione appellata.
Per la cassazione della decisione del giudice di seconde cure l’imputato, per il tramite del proprio difensore, proponeva ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentando, tra l’altro, la mancata applicazione delle circostanzi attenuanti di cui agli articoli 13 e 14 del D.Lgs. n. 74/2000 l’una riferita al pagamento del debito tributario, l’altra alla corresponsione di una somma a titolo di equo risarcimento nell’ipotesi di debiti erariali estinti per prescrizione o decadenza.Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’imputato. I giudci di legittimità hanno puntualizzato che l’articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 dispone che “le pene previste per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino ad un terzo e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedura conciliative o di adesione dell’accertamento previste dalle norme tributarie“. Per cui osservano i giudici del Palazzaccio che una cosa è la volontà di provvedere al pagamento del debito tributario, un’altra – e solo questa è il presupposto della concessione dell’attenuante de qua – è l’avere effettivamente estinto l’intero debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Nel caso di specie la società contribuente stava pagandomle somme dell’IVA con la rateizzazione delle somme iscritte a ruolo.Occorre osservare che, nel testo originario, l’abbattimento della sanzione era pari fino alla metà (come tuttora nel caso della fattispecie enunciata nell’art. 14), essendo l’attuale misura di un terzo (accostabile a quella delle attenuanti comuni codicistiche) derivata dalla modifica compiuta dal D.L. n. 138/2011.
Nel comma 2 è precisato che “a tal fine, il pagamento deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie, sebbene non applicabili all’imputato a norma dell’art. 19, comma 1“.
L’art. 13 (ma lo stesso può dirsi dell’art. 14) concretizza una circostanza attenuante speciale, temporalmente susseguente o post delictum (in quanto legata a un comportamento né antecedente, né concomitante alla consumazione del delitto, bensì successivo), che si ispira, pur senza integrale mutuazione, a quella comune di cui all’art. 62, n. 6, primo periodo del codice penale, ove è prevista, nella dinamica del favor reparandi, la diminuzione della pena fino a un terzo per “l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni“.
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