La Corte di Cassazione con la sentenza n. 43816 depositata il 22 settembre 2017 intervenendo in tema di sequestro preventivo nei reati tributari ha confermato che il patrimonio della società non può essere oggetto di sequestro per equivalente finalizzata alla confisca ma solo alla misura di confisca diretta.
La vicenda ha riguardato l’amministratore di una srl a cui veniva contestata il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000. Il G.I.P. emetteva, nei confronti dell’amministratore, ordinanza di sequestro preventivo per equivalente finalizzata alla confisca sui beni dell’imputato. L’amministratore avverso il provvedimento del Giudice delle Indagini Preliminari proponeva ricorso al Tribunale del riesame. I giudici del Tribunale del riesame confermarono l’ordinanza impugnata.
Avverso l’ordinanza del Tribunale l’imputato propone ricorso in cassazione. In particolare si duoleva che l’ordinanza impugnata avesse omesso di valutare la prova dell’esistenza della “piena capienza patrimoniale/immobiliare” della società nel cui interesse e vantaggio l’amministratore aveva agito.
Gli Ermellini rigettano il ricorso in quanto infondato.
I giudici di legittimità ritengono infondato il ricorso in base al principio di diritto secondo cui “Quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato sul presupposto dell’impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta» (Sez. 3, n. 42966 del 10/06/2015 – dep. 26/10/2015, Klein, Rv. 265158).” ed inoltre puntualizzano che “Cosa diversa, e del resto irrilevante, è la disponibilità patrimoniale della società. Infatti i beni della società devono riguardare la confisca diretta, non essendo possibile relativamente al patrimonio della società il sequestro per equivalente.”
Pertanto alla luce del sopraindicato principio risulta legittimo il sequestro per equivalente, per i reati tributari, sui beni del legale rappresentante della società qualora la misura cautelare non risulta possibile il sequestro per equivalente sui beni della società. Il presupposto di tale azione si rinviene nella impossibilità di reperire il profitto del reato, nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta. Conseguentemente, la capienza del patrimonio della società, relativamente alle imposte dovute, risulta irrilevante e non consente di escludere il sequestro per equivalente nei confronti dell’imputato.
Infatti, spiega la Corte Suprema che non è sufficiente indicare la capienza patrimoniale della società “senza indicare però specificamente la rinvenibilità presso la società del denaro o di altri beni fungibili o altri beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario in accertamento”
I giudici del palazzaccio ricordano le conclusioni della Cassazione a Sezioni Unite n. 10561/2014 che hanno statuito che è consentito, nei confronti di una persona giuridica, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica.
Per cui non è possibile procedere al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. a ragione di ciò scaturisce dal fatto che i reati tributari non sono ricompresi (ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) nella lista di quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica.
In conclusione la giurisprudenza ha anche chiarito che nei reati tributari, spesso, il profitto è rappresentato da denaro “risparmiato” e non già da denaro “entrato” nelle casse della società. Infatti la Cassazione a Sezione Unite n. 31617/2015 ha stabilito che, qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro – sia risparmiato che materialmente acquisito – la confisca di somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità deve essere qualificata come confisca “diretta”: in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato (cfr. Cass. n. 20763/2016).
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