La Corte di Cassazione sez. penale con la sentenza n. 22975 del 28 maggio 2013 interviene in tema di sequestro per equivalenza in caso di patteggiamento affermando che la confisca del profitto del reato, corrispondente all’ammontare dell’imposta evasa, può essere disposta anche in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso della Procura della Repubblica presentato per cassare la sentenza dei giudici di merito. La motivazione su cui era basato il ricorso riguardava la violazione e falsa applicazione, da parte del Tribunale, degli articoli 10 ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, 1, comma 143, della L. n. 244 del 2007 e 322 ter del cod. pen., per avere il predetto Tribunale applicato nei confronti dell’imputato – un imprenditore che aveva ommesso di versare l’IVA dovuta per l’anno d’imposta 2009 – la pena stabilita dall’accordo delle parti, ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen., senza tuttavia disporre la confisca obbligatoria dei beni che costituivano il profitto del reato.
I giudici di legittimità hanno illustrato, nelle motivazioni della sentenza, che le parti, nel c.d. “patteggiamento”, non possono vincolare il giudice con un accordo avente a oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca, atteso che le suddette misure sono fuori dalla loro disponibilità, e, nel caso in cui l’accordo riguardi anche esse, il giudice non è obbligato a recepirlo o non recepirlo per intero (v. anche Cass. sentenza n. 19945/2012).
Nella fattispecie esaminata dalla Corte Suprema l’evasione aveva riguardato l’omesso versamento delle somme dovute a titolo di IVA, il “profitto” del reato, suscettibile di confisca per equivalente, coincide perfettamente con l’ammontare dell’imposta non versata, sicché non sussiste la necessità di alcun accertamento, nel contraddittorio delle parti, in ordine alla sua quantificazione. L’articolo 322 – ter, comma 3, del cod. pen. sancisce che il giudice, con la sentenza di condanna, determina la somma di denaro o individua i beni assoggettati a confisca, in quanto costituenti il “prezzo” o il “profitto” del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al “prezzo” o il “profitto” del reato. Tale disposizione, precisa la Corte, è “ovviamente applicabile anche alla sentenza di patteggiamento, risultando altrimenti in contrasto con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del citato art. 322 ter c.p.”.
Inoltre viene affermato che, in caso di confisca obbligatoria, a nulla rileva il fatto che la misura non sia stata preceduta dal sequestro preventivo dei beni che ne verranno a formare oggetto, dovendo l’accertamento sul punto essere effettuato nel giudizio di merito, o, altrimenti, nella fase esecutiva ai sensi dell’articolo 676 cod. proc. pen.
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