- per “crediti inesistenti”, si intendono quelli che “risultano tali sin dall’origine” (perché, ad esempio, esso non esiste materialmente) oppure “che non esistono dal punto di vista soggettivo” (ossia perché spettanti ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione) o, infine, “sottoposti a condizione sospensiva”;
- per “crediti non spettanti”, si intendono quelli utilizzati oltre il limite normativo ovvero in compensazione in violazione del divieto di compensazione per ruoli non pagati.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 44737 depositata il 5 novembre 2019 intervenendo in tema di reati fiscali di cui all’articolo n. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000 ha statuito che “L’indebita compensazione deve, dunque, risultare dal modello F24 mediante il quale la stessa è stata realizzata, indicandovi, appunto in compensazione, crediti inesistenti o non spettanti, trattandosi dello strumento imposto dal legislatore tributario per poter eseguire le compensazioni tra debiti e crediti tributari, che, quindi, non possono che essere realizzate attraverso la presentazione di tale modello debitamente compilato, in difetto del quale non può dirsi sussistente una compensazione.”
La vicenda ha riguardato l’amministratore e socia di una società a responsabilità limitata accusata tra gli altri anche del reato di indebita compensazione di cui all’articolo 10 Dlgs. n. 74/2000. Il Giudice dell’udienza preliminare dichiarava colpevole del reato di indebita compensazione l’imputata. Avverso la sentenza del GIP l’imputata proponeva ricorso alla Corte di Appello. I giudici di secondo grado confermavano la condanna per il reato di indebita compensazione di imposte dallo stesso eseguite quale amministratore. L’imputato, impugnava la sentenza della Corte di Appello con ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini accolgono le doglianze dell’imputato riaffermando che “la condotta del reato di cui all’art. 10 quater d.lgs. 74/2000 si caratterizza per il mancato versamento di somme dovute utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, crediti non spettanti o inesistenti. Non è, dunque, sufficiente, a integrare il reato, un mancato versamento, ma occorre che lo stesso risulti, a monte, formalmente “giustificato” da una operata compensazione tra le somme dovute all’Erario e crediti verso il contribuente, in realtà non spettanti od inesistenti. E’ del resto, proprio la condotta, necessaria, di compensazione ad esprimere la componente decettiva o di frode insita nella fattispecie e che rappresenta il quid pluris che differenzia il reato di cui all’art. 10 quater rispetto ad una fattispecie di semplice omesso versamento”
Pertanto per i giudici di legittimità non integra il reato di indebita compensazione, di cui all’articolo 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000 al superamento della soglia di 50.000,00 euro, un mero mancato versamento ma occorre che lo stesso sia “compensato” con importi non esistenti o non spettanti, per cui lo stesso si consuma, si configura quale reato istantaneo, al momento della presentazione del modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.
Si rammenta che per delineare i crediti su cui può esperirsi l’indebita compensazione la stessa Corte con le sentenze massimate (n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015) precisa che:
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