L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto sul trattamento ai fini previdenziali dei compensi erogati dalle associazioni sportive dilettantistiche e dalle società sportive dilettantistiche con la circolare n. 1 del 1° dicembre 2016 . Dal punto di vista del trattamento fiscale le prestazioni sportive trova la fonte nell’articolo 67, comma 1 del Dpr 917/86, per cui i compensi erogati rientrano tra i redditi diversi: “se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni …. né in relazione alla qualità di lavoro dipendente”.
Nell’ordinamento giuridico italiano le prestazioni sportive in commento costituiscono ai sensi dell’ articolo 409 c.p.c. comma 1 numero 3 “..altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato”.
Qualora i compensi sportivi siano riconducibili anche a una prestazione di lavoro subordinato, allora come affermato dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, nella circolare in commento, va applicato quanto previsto dalla circolare n. 4746 del 14 febbraio 2007. Per cui in tale ipotesi vi è l’assoggettamento all’obbligo di comunicazione al centro unico per l’impiego della “prestazione sportiva, di cui all’articolo 3 della L. 89/1981, se svolta in forma di collaborazione coordinata e continuativa e le collaborazioni individuate e disciplinate dall’articolo 90 della L. 289/2002”. Tale obbligo viene confermato anche dall’interpello 22/2010 in cui il Ministero afferma che “le associazioni e società sportive dilettantistiche che stipulano contratti di collaborazione di cui all’articolo 90 della L. 289/2002 sono comunque tenute all’obbligo di comunicazione preventiva al competente Centro per l’impiego”.
La figura professionale più diffusa nelle prestazioni professionali è sicuramente quella del tecnico/istruttore la stessa è sicuramente riconducibile alla fattispecie della prestazione d’opera intellettuale resa nei confronti di società sportiva dilettantistica disciplinata dall’articolo 2230 cod. civ. il cui contenuto statuisce che “il contratto che ha per oggetto una prestazione d’opera intellettuale è regolato dalle norme seguenti …”.
Pertanto trovando applicazione le norme del codice civele di cui all’articolo 2222 e seguenti in caso di recesso va applicato l’articolo 2237 del codice civile il prevede che le parti contraenti possono esercitare il diritto a “recedere dal contratto rimborsando al prestatore d’opera le spese sostenute e pagando il compenso e l’opera svolta” (vedi anche, per un allenatore di calcio dilettante, la Corte di Cassazione 17.01.1996 n. 354: “ … Trattandosi dunque di un contratto di locazione d’opera ex articolo 2237 cod. civ. la società non era tenuta al compenso per l’opera non prestata, indipendentemente dalla causa del recesso”).
Pertanto in base al contenuto dell’articolo 2237 del codice civile il committente può recedere dal contratto di prestazione d’opera intellettuale senza alcun elemento di giusta causa e/o motivo, questo risulta possibile in quanto il contratto in oggetto si basa sull’intuitus fiduciae. Il rapporto fiduciario nei contratti d’opera intellettuali prevale sull’apposizione di un termine.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 469/2016 e sentenza n. 1215/2017 ha affermato che nella normativa delcontratto di prestazione d’opera intellettuale rientra il recesso unilaterale del committente che non è derogabile, né rinunciabile per facta concludentia, né “eliminabile” dalla scena del rapporto contrattuale per supposizioni o presunzioni. Non trova alcuna limitazione al diritto di recesso unilaterale neanche la previsione di un termine di durata del rapporto poiché va valutato, in tale ipotesi, concretamento, in base al contenuto del regolamento negoziale, se le parti hanno inteso escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita.