La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 30598 depositata il 27 novembre 2024, intervenendo in tema distribuzione di utili a seguito di accertamento nelle società di capitale a ristretta compagine, ha ribadito, nonostante il nuovo comma 4-bis dell’art. 7, il suo orientamento secondo cuiin caso di società di capitali a ristretta base è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili occulti accertati in capo all’ente collettivo, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati fatti oggetto di distribuzione, bensì accantonati dalla società o da questa reinvestiti (cfr. Cass. n. 19442/2021, Cass. n. 5073/2021), o che degli stessi si è appropriato altro soggetto (cfr. Cass. n. 21187/2024, Cass. n. 21158/2024).”

La vicenda ha riguardato i soci di una società a cui l’Agenzia aveva notificato un avviso di accertamento, divenuto definitivo per mancata impugnazione, con cui determinava induttivamente il reddito d’impresa. Successivamente, l’Agenzia delle entrate, notificava un avviso di accertamento con cui recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, il maggior reddito da partecipazione asseritamente conseguito in quell’anno dal socio, applicando a suo sfavore la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili non dichiarati da una società di capitali a ristretta base proprietaria. Il socio impugnava l’atto impositivo. I giudici di prime cure respingeva il ricorso del contribuente. Avverso la decisione di primo grado proponeva appello. I giudici di secondo grado, in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’appello della parte privata, annullava l’avviso di accertamento impugnato. L’Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

I giudici di legittimità accolgono il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo.

Per gli Ermellini affinché “possa essere applicata l’anzidetta presunzione, la quale opera indipendentemente dall’esistenza o meno di rapporti familiari fra i soci (cfr. Cass. n. 17107/2024), occorre non solo che sia provata la ristretta base sociale, ma altresì che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non dichiarati (cfr. Cass. n. 21631/2022, Cass. n. 14242/2021); non si richiede, invece, che l’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio si fondi anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi delle movimentazioni bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore non giustificabile sulla scorta dei redditi da lui dichiarati (cfr. Cass. n. 16913/2020).”

Inoltre, in tema di doppia presunzione, il Supremo consesso ha precisato che nell’ipotesi in esame non ricorre la violazione del  divieto  di  presunzioni  di  secondo  grado  (cd. «praesumptio de praesumpto») -ove mai reputato sussistente nel nostro ordinamento (in senso contrario si vedano, ex ceteris, Cass. n. 7145/2023, Cass. n. 37352/2022, Cass. n. 23860/2020, Cass. n. 20748/2019)-, in quanto il fatto noto da cui muove il ragionamento inferenziale non è costituito dalla sussistenza di maggiori redditi induttivamente accertati in testa alla società, ma dalla ristrettezza della base proprietaria, dal vincolo di solidarietà ravvisabile fra i soci, dalla maggiore conoscibilità, da parte di questi ultimi, dell’andamento degli affari societari e dell’esistenza di dividendi non contabilizzati, nonché dal reciproco controllo che i componenti di simili ristrette compagini normalmente esercitano fra di loro (cfr. Cass. n. 19272/2024, Cass. n. 25501/2020).”

Infine, i giudici di piazza Cavour hanno puntualizzato che

– la presunzione in discorso, la quale rinviene il suo fondamento nella ”complicità“ che di regola avvince un gruppo societario composto da poche persone, non trova ostacolo nel fatto che gli utili occulti siano riferiti a società di cui quelle a ristretta base siano a loro volte socie, essendo applicabile anche in ipotesi di partecipazione mediata tramite lo schermo di altra persona giuridica (cfr. n. 12903/2024, Cass. n. 4861/2024, Cass. n. 13841/2021, Cass. n. 13338/2009);

– essa rimane valida pure dopo l’introduzione dell’art. 7, comma 5- bis, del D. Lgs. n. 546 del 1992, il quale non comporta alcuna inversione del riparto dell’onere probatorio, né preclude il ricorso alle presunzioni semplici disciplinate dal codice civile (cfr. Cass. n. 18764/2024).