La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5893 depositata il 28 febbraio 2023, intervenendo in tema di inerenza dei costi, ha ribadito che “… La definizione di inerenza, utilizzata nell’ambito delle imposte dirette in termini esclusivamente qualitativi, è coerente con la disciplina dell’IVA, in relazione alla quale la mancanza di congruità della spesa non esclude il diritto alla detrazione, stante il carattere neutrale dell’imposta, salvo che l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione (che deve essere dimostrata dall’Amministrazione) sia “tale da assumere rilievo indiziario di non verità della fattura o di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA” (ex multis, Cass. 30.01.2018, n. 2240). …”
La giurisprudenza prevalente fa discendere la nozione dell’inerenza dei costi dall’articolo 109, comma 5, Tuir. La Suprema Corte con alcune pronunce (ordinanza n. 450/2018 e ordinanza n. 3170/2018) ha ricollegato il principio di inerenza dei costi deducibili esclusivamente all’esercizio dell’attività d’impresa, con esclusione di ogni valutazione di tipo quantitativo, considerando i parametri di congruità e antieconomicità solo meri indici sintomatici dell’inesistenza del requisito dell’inerenza (Cass. 9.02.2018, n. 3170 e Cass. 17.07.2018, n. 18904).
La vicenda ha riguardato una s.r.l. a cui l’Agenzia delle Entrate notificava quattro avvisi di accertamento per altrettanti anni d’imposta con cui venivano recuperati costi per violazione del principio dell’inerenza oltre a ritenere indetraibile l’IVA sui suddetti costi.
Avverso tali atti impositivi la società contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure, previa riunione dei ricorsi, accoglieva le doglianze della contribuente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione della CTP. I giudici di appello accoglievano parzialmente il ricorso dell’Ufficio.
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione con tre motivi.
Gli Ermellini accoglievano il secondo motivo e dichiaravano assorbiti gli altri due.
Per i giudici di legittimità l’inerenza costituisce un requisito fondamentale per la determinazione del reddito d’impresa e integra un giudizio, di natura qualitativa, sulla riferibilità del costo all’attività d’impresa. Esso riguarda l’esistenza di una correlazione tra i costi sostenuti e l’attività d’impresa esercitata.
Nella fattispecie esaminata la genericità del contratto di consulenza infra gruppo non consentiva la quantificazione dei costi, mancando qualsiasi documentazione a supporto e rendendo estremamente aleatorio il sostenimento di tali costi. Per cui i giudici della CTR, per la S.C., avevano errato nel ritenere che l’Agenzia avesse fondato il recupero dell’Iva sull’antieconomicità delle operazioni, posto che l’unico criterio seguito in sede di accertamento era quello relativo alla mancanza di inerenza delle spese di consulenza, sotto il profilo dell’assenza di dimostrazione della ragione della spesa e, quindi, della sussistenza di un nesso diretto ed immediato con l’attività di impresa. (Corte di Cassazione, ordinanza n. 24126/2019).
Sul punto dell’onere della prova si rammenta l’orientamento della Corte Suprema che ha ribadito da ultima con l’ordinanza n. 35568 del 2022 che “… ai fini della detrazione di un costo, la prova dell’inerenza del medesimo quale atto d’impresa, ossia dell’esistenza e natura della spesa, dei relativi fatti giustificativi e della sua concreta destinazione alla produzione quali fatti costitutivi su cui va articolato il giudizio di inerenza, incombe sul contribuente in quanto soggetto gravato dell’onere di dimostrare l’imponibile maturato»; v. anche Cass. n. 8001 del 22/03/2021 in tema di costi infragruppo). …”
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