La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 16493 depositata il 13 giugno 2024, intervenendo sul comma 5-bis all’art. 7 del d.lgs. n. 546/1992 inerente l’obbligo gravante sull’Amministrazione finanziaria in tema di prova, ha ribadito che “… In tema di onere probatorio gravante in giudizio sull’amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio, l’art. 7, comma 5 bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’art. 6 della legge n. 130 del 2022, non stabilisce un onere probatorio diverso, o più gravoso, rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale …” (Cass. 31878 del 2022) 
 
Per i giudici di legittimità “… la nuova formulazione legislativa, che prevede che «L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni», non costituisce abrogazione, neppure implicita, dell’utilizzo delle presunzioni non legali in materia tributaria e, precisamente, delle presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ., ma detta al giudice tributario le regole di valutazione della prova, stabilendo che se questa, anche presuntiva, fornita dall’amministrazione finanziaria, quando ne è onerata, è contraddittoria o insufficiente, allora il giudice deve annullare l’atto impositivo, e allo stesso modo dovrà fare quando addirittura essa manchi, come, invero superfluamente, pure prevede la disposizione in esame. …”
 
Da ultimo, gli Ermellini, chiariscono che “… tale disposizione ha chiaramente natura sostanziale posto che, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, sono tali le norme che, come quella in esame, consistono in regole di giudizio la cui applicazione comporta una decisione di merito, di accoglimento o di rigetto della domanda, mentre hanno carattere processuale le disposizioni che disciplinano i modi di deduzione, ammissione e assunzione delle   prove   (cfr.   ,   Sez. 5, sentenza n. 18912 del 17/07/2018, Rv. 649717 – 01). Ne consegue che la disposizione in esame, di natura sostanziale e senza alcuna valenza interpretativa di altre disposizioni in tema di valutazione delle risultanze probatorie, non ha efficacia retroattiva e, quindi, si applica, ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022, data di entrata in vigore dell’art. 6 della legge n. 130 del 2022 che l’ha introdotta, per la quale il successivo art. 8, dettato in materia di «disposizioni transitorie e finali», non prevede una diversa decorrenza.  …”
 
Pertanto la Suprema Corte conferma il suo orientamento sul nuovo comma 5-bis dell’art. 7 non costituisce abrogazione dell’utilizzo delle presunzioni non legali in materia tributaria e, precisamente, delle presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ., ma detta al giudice tributario le regole di valutazione della prova.
 

Tale orientamento viene confermato dalla Suprema Corte (sentenza n. 16629 depositata il 14 giugno 2024) che ha specificato che “… l’accertamento tributario, sia con riferimento all’imposizione diretta che all’IVA, può fondarsi anche su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, secondo comma cod. civ. (cfr. Cass. n. 14237 del 07/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).

(…) Del resto, la necessità di una valutazione complessiva delle presunzioni offerte dall’Ufficio è oggi specificamente richiesta dall’art. 7, comma 5 bis, del d.lgs. 31 dicembre 1992, pur non applicabile in ipotesi. Detta disposizione va, infatti, interpretata nel senso per il quale le cd. presunzioni giurisprudenziali (diverse da quelle conseguenti ad espresse previsioni di legge) devono essere sufficienti e circostanziate e, come tali, oggetto di opportuna valutazione da parte del giudice di merito. …”

Pertanto per il Supremo consesso statuisce la necessità per le cosiddette presunzioni giurisprudenziali, in virtù del comma 5-bis, siano rigorose e circostanziate.