La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 20816 depositata il 25 luglio 2024, intervenendo in tema di accertamenti bancari ed onere della prova, ha statuito il principio di diritto secondo cui “in materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della l. n. 130 del 2022, è una norma di natura sostanziale e non processuale, sicchè la stessa si applica ai giudizi introdotti successivamente al 16 settembre 2022 (data di entrata in vigore della legge n. 130 del 2022).“
La vicenda ha riguardato un contribuente a cui l’Agenzia delle entrate aveva notificato un avviso di accertamento a seguito di indagini bancarie effettuate anche sui conti del coniuge e della madre del contribuente, per imposte dirette ed IVA, con il quale erano stati ripresi a tassazione maggiori ricavi e spese ritenute indetraibili. Il contribuente impugnava l’atto impositivo. I giudici di prime cure rigettavano il ricorso del contribuente. Avverso tale decisione veniva proposto appello. I giudici di secondo grado accoglievano parzialmente l’appello proposto dal contribuente. La decisione di appello veniva dal contribuente impugnata con ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
I giudici di legittimità rigettavano il ricorso.
Gli Ermellini precisano che ” … sul regime di distribuzione dell’onere probatorio, previsto, in materia di accertamento bancario, dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è destinato ad incidere il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ 6 della legge n. 130 del 2022, secondo il quale
«L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.»; “
Inoltre, il Supremo consesso, dando continuità al consolidato orientamento della stessa Corte ribadisce che “… «In materia di giudizio tributario, il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dall’ art. 6 della l. n. 130 del 2022, secondo cui il giudice deve valutare la prova “comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale”, non si pone in contrasto con la persistente applicabilità delle presunzioni legali che, nella normativa tributaria sostanziale, impongano al contribuente l’onere della prova contraria.» (Cass. n. 2746 del 30/01/2024);
– la nuova previsione normativa non ha, quindi, inciso sulla disciplina delle presunzioni legali, quali quelle previste in materia di accertamenti bancari, ma si è limitata a disciplinare una regola di giudizio e di valutazione della prova, a cui deve attenersi il giudice tributario, stabilendo che se la prova, anche presuntiva, che deve fornire l’Amministrazione finanziaria (quando ne è onerata), manca o è contraddittoria o insufficiente, il giudice deve annullare l’atto impositivo;
– si tratta di norma avente chiara natura sostanziale, poichè, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, sono tali le norme che, come quella in esame, consistono in regole di giudizio la cui applicazione ha una diretta ricaduta sulla decisione di merito, di accoglimento o di rigetto della domanda, mentre hanno carattere processuale le disposizioni che disciplinano i modi di deduzione, ammissione e assunzione delle prove (ex plurimis, Cass. n. 18912 del 17/07/2018); …”