La Corte di Cassazione con la sentenza  n. 8415 del 31 marzo 2017 intervenendo in tema di imposte sui trasferimenti di immobili ha fatto una sintesi sul tema in ambito processuale della perizia UTE a base di un accertamento di valore e del contemporaneo valore probatorio della perizia prodotta dal contribuente in giudizio per confutare la prima. Nella predetta sentenza vengono riportate le massime di altre sentenze della Corte Suprema.

Gli Ermellini in tema perizie nel processo tributario hanno affermato che: “dinanzi al giudice tributario l’amministrazione finanziaria si pone sullo stesso piano del contribuente, sicchè la relazione di stima di un immobile – redatta dall’Ufficio tecnico erariale o  da  altro organismo interno all’amministrazione stessa, e da quest’ultima prodotta  in giudizio – costituisce una relazione tecnica di  parte  e  non  una  perizia d’ufficio, nè altra risultanza dotata di efficacia probatoria  preminente  e privilegiata; ad essa, pertanto, deve essere attribuito il  valore  di  atto pubblico soltanto per quel che concerne la sua provenienza,  non  anche  per quel che riguarda il suo contenuto estimativo” (Cassazione sentenza n. 10224 del 18 maggio 2016).

In merito alla problematica inerente se l’avviso di accertamento possa considerare motivato con il semplice riferimento alla perizia UTE  la Corte ha precisato che che l’obbligo di motivazione si considera assolto “quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE (Cass. sez. 5, n. 25559 del 2014, Cass. Sez. 5, n. 6929 del 25.3.2011, Cass. 21515 del 2005”.

Altra problematica affrontata è quella inerente a quale valore hanno le due, quella dell’UTE e del contribuente entrambe perizie di parte, nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (Cass., Sez. 5, n. 4363 del 2011, Cass., Sez. 5, sent. n. 8890 del 2007, Cass. Sez. 5, n. 9357 del 2015). Pertanto il giudice che prediliga una delle due valutazioni dovrà spiegare, seppur sinteticamente, le ragioni per le quali  ha  ritenuto  tale stima corretta e convincente. Altrimenti la sentenza denoterà un possibile vizio di motivazione.