In ordine all’omesso esame di un fatto decisivo il Supremo consesso (Cass. civ., 21 dicembre 2022, n. 37382; Cass. ordinanza n. 24880 del 2023) ha precisato che “… il travisamento della prova, per essere censurabile in cassazione, ai sensi dell’ art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c., postula che l’errore del giudice di merito cada non sulla valutazione della prova (demostrandum), ma sulla ricognizione del contenuto oggettivo della medesima (demostratum), con conseguente, assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi acquisiti al giudizio, i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre. E’ inoltre necessario che tale contenuto abbia formato oggetto di discussione nel giudizio, che l’errore sia decisivo, in quanto la motivazione sarebbe stata necessariamente diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che risultano oggettivamente dal materiale probatorio e che sono in modo inequivoco difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito e che il giudizio sulla diversità della decisione sia espresso non già in termini di mera probabilità, ma di assoluta certezza; …”

In particolare il Supremo consesso ( vedi Cass. sentenza n. 37382 del 2022 richiamata da Cass. ordinanza n. 19811 del 2023; Cass. sent. 12362 del 2006) ha avuto modo di precisare che “… il travisamento della prova si distingue dal travisamento del fatto, in quanto implica (non una valutazione del fatto, ma) una constatazione o un accertamento che una data informazione probatoria, utilizzata in sentenza, è contraddetta da uno specifico atto processuale. Più di recente, questa Sezione, seguendo l’elaborazione compiuta dalla Sezione Prima con sentenza n. 10749 del 25 maggio 2015, ha anche avuto modo di osservare che, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito nell’apprezzamento dell’idoneità dimostrativa della fonte di prova non è mai sindacabile in sede di legittimità, è sindacabile ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 115 del medesimo codice l’errore di percezione che sia caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora investa una circostanza che abbia formato oggetto di discussione tra le parti (si cfr., di recente, l’ordinanza n. 26209/2022, che richiama la sentenza n. 13918/2022; nonché l’ordinanza n. 12971/2022, che richiama l’ordinanza n. 9356/2017).

Ciò in quanto il principio di cui all’art. 115 c.p.c., nell’ imporre al giudice di porre a fondamento della decisione le prove offerte dalle parti (oltre ai fatti non specificatamente contestati), rende censurabile non soltanto la sentenza nella quale il giudice ha posto a fondamento della sua decisione prove disposte di sua iniziativa (al di fuori dei poteri ufficiosi che gli sono riconosciuti) ma rende altresì censurabile in sede di legittimità la sentenza nella quale il giudice di merito abbia utilizzato informazioni probatorie che non esistevano nel processo e che tuttavia comunque sostengono illegittimamente la decisione che ha definito il giudizio di merito.

Può essere qui utile ritornare su alcuni aspetti già trattati da questa Sezione nelle citate pronunce nn. 13918/2022 e 12971/2022.

In senso lato, è noto, la prova è la traccia che un fatto lascia nella memoria degli uomini ovvero nella materialità del mondo fisico e della cui percezione il giudice si avvale per l’accertamento di quel fatto: in altri termini, è prova un qualsiasi dato dimostrativo e conoscitivo di fatti, che sia idoneo a fondare, anche da sé solo, il convincimento del giudice nel momento della decisione. In quanto tale, il termine prova è suscettibile di essere utilizzato in una pluralità di accezioni, ben note alla dottrina processualpenalistica: tema di prova è il fatto che si intende provare (l’ipotesi che si deve verificare); fonte di prova è la persona (parte, teste, ecc.), la cosa o il documento o un qualsiasi fenomeno idoneo a produrre una conoscenza rilevante per il processo; elemento di prova è il dato acquisito dalla fonte di prova, senza il contraddittorio tra le parti, al di fuori del processo; mezzo di prova è lo strumento mediante il quale, nel contraddittorio tra le parti, si utilizza la fonte di prova per affermare o negare in sede processuale l’esistenza del fatto; infine, risultato della prova è l’esito del percorso argomentativo compiuto dal giudice nel valutare le prove acquisite.

Orbene, per quanto qui rileva, il giudice di merito, attraverso l’osservazione e la valutazione, trae dall’elemento di prova e/o dal mezzo di prova informazioni che, in misura più o meno diretta, porrà a fondamento della conferma, positiva o negativa, circa la sussistenza (o insussistenza) del fatto decisivo in contestazione.

Il giudice di merito, quindi, nell’esprimere in sentenza il risultato della prova, è chiamato a selezionare da ogni elemento o mezzo di prova, ritualmente assunto, uno specifico contenuto informativo che, alla luce delle informazioni desunte dagli altri elementi e mezzi disponibili, utilizzerà nel comporre il ragionamento probatorio, in cui si articola la decisione.

 Orbene, è indubbio che l’attività di selezione di un dato informativo tra tutti i dati informativi astrattamente desumibili da un elemento o da un mezzo di prova, in quanto espressione del prudente apprezzamento del giudice di merito, è attività riconducibile in via esclusiva al sindacato del giudice di merito ed è estranea al sindacato della Corte di legittimità, con la conseguenza che non è denunciabile come vizio della decisione di merito. Parimenti indubbio è che la parte interessata non può più, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, ridiscutere in sede di legittimità le modalità attraverso le quali il giudice di merito ha valutato, dopo averlo selezionato, il materiale probatorio ai fini della ricostruzione dei fatti di causa

Tuttavia, in sede di legittimità, la parte interessata – oltre a poter denunciare l’omesso esame (da parte del giudice di merito) di specifici fatti (di ordine principale o secondario e comunque di carattere decisivo), che siano stati oggetto di contraddittorio processuale – può denunciare l’inesistenza di una informazione probatoria, che, proprio perché inesistente, illegittimamente è stata posta a fondamento della decisione di merito.

La verifica di tale inesistenza (la verifica, cioè, dell’inesistenza di una qualsivoglia, reale connessione giuridicamente significativa del singolo dato probatorio, ritenuto in concreto decisivo, con l’elemento o con il mezzo di prova dal quale il giudice ha inteso ricavarlo) si risolve in una operazione di raffronto tra l’elemento o il mezzo di prova utilizzato e il dato probatorio da esso desunto e, pur risentendo in ogni singolo caso della natura della prova in concreto acquisita (se libera o legale, dichiarativa o documentale, ecc.), non può rimanere estraneo al giudizio di legittimità.

Il punto è che l’errore di percezione della prova esclude in radice, sul piano processuale, la stessa “esistenza” di un giudizio (tanto è vero che deve essere rilevato, qualora non abbia costituito “punto controverso”, dallo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza: cfr. art. 398 primo comma c.p.c.), mentre l’errore di valutazione della prova dà luogo ad un giudizio errato, che deve essere denunciato al giudice dell’impugnazione (sempre che la relativa disciplina lo consenta).

Osserva, pertanto, il Collegio, in conformità con quanto anche di recente affermato da questa stessa Corte (il riferimento è alla sentenza ed alle ordinanze sopra richiamate), che i dati informativi riferibili a fonti mai dedotte in giudizio dalle parti (un testimone che non è mai stato dedotto o, pur essendolo stato, non è stato mai sentito; un documento che non è mai stato richiamato o che, pur essendo stato richiamato, non è mai stato prodotto, ecc.), ovvero i dati informativi che si riferiscono a fonti appartenenti al processo (uno specifico documento, in concreto ritualmente depositato; un determinato testimone, in concreto regolarmente escusso, ecc.), ma che si sostanziano nell’elaborazione di contenuti informativi che non si lasciano in alcun modo ricondurre, neppure in via indiretta o mediata, alla fonte alla quale il giudice di merito ha viceversa inteso riferirle, non possono essere legittimamente posti a fondamento di una decisione di merito.

Se ciò avviene, va riconosciuta alla parte interessata, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, la possibilità di farne denuncia a questa Corte.

Diversamente opinando, in sede di legittimità, del tutto paradossalmente, sarebbe non censurabile la sentenza del giudice di merito che abbia utilizzato informazioni probatorie che non esistono nel processo: una simile decisione, infatti, sfuggirebbe all’ambito di applicabilità sia dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (trattandosi di fatti il cui esame non fu omesso) che dell’art. 395 n. 4 c.p.c. (trattandosi di fatti su cui il giudice di merito si è espressamente pronunciato).

Resta inteso che la violazione di legge, consistita nell’avvenuta illegittima decisione della causa sulla base di prove inesistenti (art. 115 c.p.c.), è deducibile sempre che la parte interessata abbia assolto ad un duplice onere: quello di prospettare, sul piano argomentativo, l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti al giudizio i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; nonché quello di specificare in che modo la sottrazione al giudizio di detti contenuti informativi (illegittimamente utilizzati dal giudice) si converta in un percorso argomentativo destinato a condurre ad una decisione a sé necessariamente favorevole. Il che si traduce nella più volte ribadita necessità che l’errore commesso dal giudice di merito nella percezione della prova sia stato decisivo, cioè un errore in assenza del quale la decisione del giudice di merito sarebbe stata diversa, non già in termini di mera probabilità, ma in termini di assoluta certezza. …”

Sempre il Supremo consesso ha ribadito che “… in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’ 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio o qualora da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, ipotesi queste da tenere distinte dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene, invece, alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto (cfr., ex plurimis, Cass, Sez. III, 26 aprile 2022, n. 12971; Cass., Sez. V, 7 novembre 2022, n. 32656, che richiama Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749; Cass. Sez. U. n. 20867/2020; Cass. 24395 del 2020); …” (Cass. ordinanza n. 25518 del 2023)

Inoltre va evidenziato che “… ove l’errore riguardi un fatto «non controverso», è esperibile il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Cass. Sez. III, 12 aprile 2017, n. 9356). Come è stato efficacemente osservato, «l’errore di percezione è quello che cade sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, ovvero sul demonstratum e non sul demonstrandum […] altro è ricostruire il valore probatorio di un fatto od atto (attività di valutazione), altro è individuarne il contenuto oggettivo (attività di percezione)» (Cass., n. 9356/2017, cit.; conf. Cass., Sez. VI, 26 novembre 2020, n. 27039; n. 7670/21). …” (Cass. ordinanza n. 32656 del 2022)

Inoltre i giudici di legittimità nell’ordinanza n. 25518 depositata il 31 agosto 2023 hanno evidenziato che “… con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale (cfr. Cass., Sez. U, 25 luglio 2019, n. 20181), poiché, pur essendo la Corte, in relazione a tale vizio, anche giudice del fatto (così potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito), ciò tuttavia non esclude che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, 24048, che richiama Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410); …”

Le Sezioni Unite della Corte Suprema hanno affrontato il tema del travisamento della prova ed è stato affrontato dal Supremo consesso “… in ripetute occasioni, da ultimo con le ordinanze interlocurorie nn. 8895 del 29/03/2023 e 11111 del 27/04/2023, che hanno determinato il pronunciamento delle Sezioni Unite di recentissima pubblicazione (Cass. SU n. 5792/2024), affermative del seguente principio:

«Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale».

Il principio riconduce nei binari del vizio attualmente denunciato in questa sede (art. 360 co.1 nn. 4 e 5 c.p.c.) soltanto quello attinente alla errata lettura di un fatto probatorio, oggetto di contrapposte posizioni. …”