Corte di Cassazione, ordinanza n. 25518 depositata il 31 agosto 2023
TARI – RIFIUTI SPECIALI IMBALLAGGI DICHIARAZIONE RIDUZIONE
RILEVATO CHE:
1. oggetto del contendere è la TARI relativa all’anno d’imposta 2015, richiesta dal Comune di Maddaloni con avviso di pagamento 20150029924 per il complessivo importo di 78.569,00 €, in relazione all’area posseduta da detta società nel Comune di Maddaloni – Interporto Sud Europa 11.2., Via Ficucelle – rispetto alla quale la società ricorrente aveva rivendicato l’esenzione dall’imposizione o quantomeno la riduzione del tributo nella percentuale del 20% del dovuto, assumendo di produrre in detto spazio rifiuti speciali non assimilati, né assimilabili, costituiti da imballaggi secondari e terziari autosmaltiti in proprio;
1.1 con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Campania (Napoli), nella contumacia del Comune di Maddaloni, accoglieva parzialmente l’appello proposto da P.M. S.R.L. contro la pronuncia n. 1942/14/2016 della Commissione tributaria provinciale di Caserta, riducendo la pretesa impositiva alla somma di € 31.427,60;
1.2 la Commissione regionale premetteva che la disciplina applicabile è contenuta nella previsione dell’art. 1, comma 649, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e che in capo alla contribuente incombeva non solo l’onere di «dimostrare in concreto in quali aree si formano solo rifiuti speciali non assimilabili e non assimilati», ma anche «l’obbligo di denuncia ed informazione, nel senso che è tenuta ad indicare all’ente locale tali aree, e se non lo fa resta tenuto al pagamento della tassa per tutti i metri quadri occupati, visto che tale occupazione è il presupposto, nell’an e nel quantum, della tassa comunale sui rifiuti, per cui il contribuente è tenuto a provare il fatto, eccezionale, della non debenza della tassa per quelle aree occupate», citando sul punto le pronunce di questa Corte («Cass. 672/12, che richiama Cass. 4766/04, 17703/04, 13086/06, 17599/06 e 775/11; conf., in seguito, Cass. 5377/12 e 4793/16») (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
1.3 il Giudice regionale affermava, poi, che «non vi è alcuna prova che P.M. s.r.l. abbia fatto al Comune di Maddaloni questa denuncia – comunicazione idonea a distinguere le aree producenti solo rifiuti speciali» (così nella sentenza impugnata priva di numerazione), negando, per tale via, la richiesta di esenzione integrale dal pagamento della tassa;
1.4 la Commissione riconosceva, però, il diritto alla riduzione della tassa, assumendo che «deve ritenersi provata l’assenza di un effettivo servizio di raccolta rifiuti in loco da parte del Comune di Maddaloni», applicando, pertanto, la riduzione del 40% ai sensi dell’art. 1, comma 657, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
2. con ricorso notificato tramite servizio postale in data 14/16 giugno 2017, P.M. S.R.L. proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata pronuncia, formulando sei motivi di censura
3. il Comune di Maddaloni è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha eccepito, in relazione al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., «la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 c.p.c.», asserendo che non vi è stata alcuna contestazione da parte del Comune circa l’assolvimento da parte della società del menzionato onere dichiarativo-informativo, ponendo, comunque, in rilevo che «nel giudizio di primo grado risultano prodotte ed allegati con n. 1 e 2 in calce al ricorso introduttivo del giudizio la comunicazione del 17.2.2015 fatta ad Interporto Sud Europa s.p.a. al Comune di Maddaloni (allegato n. 3 al presente ricorso) e la comunicazione fatta da P.M. s.r.l. al Comune di Maddaloni, con racc.ta datata 27.3.15 del 3.4.15 con allegata planimetria e contratto con D.&M. srl (allegato n. 4 al presente ricorso)» (così alle pagine nn. 5 e 6 del ricorso);
1.1 sotto altro profilo, la ricorrente ha segnalato che «nell’area interportuale […] non risulta mai istituito ed attivato alcun servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, né di quelli assimilati, nè tanto meno di quelli speciali » (v. pagina n. 7 del ricorso), per cui «non è sorta alcuna obbligazione a carico della società ricorrente» (v. pagina n. 5 del ricorso), come dimostrato anche dalle perizie di parte prodotte, lamentando sul punto che il Giudice a quo avrebbe operato «una equiparazione concettuale errata e non fondata tra mancata istituzione ed attivazione di un servizio di igiene e mancata fruibilità e fruizione in concreto nell’area interessata dall’attività di impresa della società ricorrente» (v. pagina n. 6 del ricorso);
2. con la seconda censura l’istante ha eccepito, sempre con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 58, 59 e 62 D.LGS. n. 507/93» (v. pagina n. 9 del ricorso), osservando che «il Comune ha il dovere di istituire ed attivare il servizio dei rifiuti solidi interni determinando i perimetri in cui il servizio è obbligatorio escludendo i rifiuti che per quantità e qualità non possono essere equiparati agli urbani» (v. pagina n. 9 del ricorso) e che «era onere del Comune provare la istituzione ed attivazione del servizio nell’area industriale con apposito regolamento […]» (v. pagina n. 10 del ricorso);
3. con la terza doglianza, la ricorrente ha dedotto, ancora in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la «violazione degli artt. 221 e 226 D.LGS. n. 152/2006» (così a pagina n. 10 del ricorso), assumendo che la società «detiene superfici ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano di regola rifiuti speciali, ovvero imballaggi secondari e terziari sottratti alla privativa comunale» (v. pagina n. 10 del ricorso), eccependo, per tale via, che tali rifiuti speciali sono esclusi dall’assimilazione e che i locali e le superfici in cui sono prodotti sono altresì esclusi dalla tassazione;
4. con la quarta ragione di impugnazione la società ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 649, Legge n. 147 del 27.12.2013» (v. pagina n. 11 del ricorso), sostenendo che sia pacifico e documentato il fatto che i rifiuti prodotti, provenienti dai locali adibiti allo stoccaggio di materie prime e da magazzini adibiti allo stoccaggio di prodotti finiti, siano speciali e che il loro smaltimento sia avvenuto in conformità della normativa vigente, richiamando sul punto la risoluzione 2/DF, prot. 47505 del 9 dicembre 2014 sulla non tassabilità dei magazzini intermedi di produzione e di quelli adibiti allo stoccaggio di prodotti finiti, osservando che la citata norma permette di considerare le suddette aree non tassabili, in quanto la presenza umana determina la formazione di una quantità di rifiuti non apprezzabile;
5. con la quinta censura, la ricorrente ha dedotto, ancora in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 656 e 657 Legge 30.12.2013, N. 147» (così a pagina n. 13 del ricorso), assumendo che, anche a volere ritenere il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti istituito dal Comune, ma non reso, la riduzione della tassa andava calcolata nella misura massima del 20 % della tariffa, non essendo stata allegata e documenta la presenza di punti di raccolta dei rifiuti rientranti nella zona perimetrata;
6. con la sesta ed ultima doglianza, l’istante ha dedotto la violazione dell’art. 1, commi 651 e 652 Legge 27.12.2013, N. 147 e del principio “chi inquina paga” fissato prima dall’art. 174 del Trattato CE ed ora dall’art. 14 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/98/CE » (così a pagina n. 14 del ricorso), rappresentando che detta normativa è volta a premiare le aziende che producono rifiuti speciali avviati al recupero e che la decisione impugnata risulterebbe contraria alla suindicata disciplina;
7. il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
8. risulta in parte inammissibile e, per altro verso, infondato, il primo motivo di ricorso;
8.1 è inammissibile la prima parte della censura in oggetto con il quale la società ha lamentato, sotto il riqualificabile (cfr. sul punto Cass., Sez. T, 15 marzo 2022, n. 8293 e le tante altre ivi citate) paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ. (stante i dedotti errores in procedendo, non riconducibili all’indicato parametro di cui al num. 3 della stessa disposizione), che non era stata oggetto di contestazione da parte del Comune l’assolvimento da parte della società del menzionato onere dichiarativo-informativo, segnalando che, in ogni caso, esso risultava, in realtà, provato dalla documentazione prodotta;
8.1.a va, innanzitutto, osservato che non risulta pertinente il richiamo al principio di non contestazione; e ciò, per due concorrenti ed autonomi decisivi rilievi;
- intanto, perché detto principio postula, per la sua operatività, che la parte contro cui se ne predica l’applicazione sia costituita in giudizio, laddove nella specie il Comune di Maddaloni è restato contumace nelle fasi di merito, come emerge dalla sentenza impugnata;
- in secondo luogo, perché, come più volte chiarito da questa Corte «il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui in ogni caso un limite strutturale insito nel fatto che l’avviso di accertamento (o di rettifica) non è l’atto introduttivo del processo quanto piuttosto l’oggetto (immediato), per lo meno nei casi in cui venga in questione la pretesa fiscale in esso riportata, sicché la cognizione del giudice è limitata dai profili che siano stati contestati col ricorso, e anche laddove, in base all’art. 23 del d.lgs. n. 546/1992, l’attenzione sia rivolta […] alle difese dell’amministrazione pubblica resistente, e si intenda sottolineare che la parte resistente deve all’atto della costituzione in giudizio esporre “le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente”, indicando “le prove di cui intende valersi” e proponendo “altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio”, non per questo può trascurarsi che l’amministrazione fonda la pretesa su un atto preesistente al processo, nel quale i fatti costitutivi sono stati già allegati in modo ovviamente difforme da quanto dal contribuente ritenuto» (così, da ultimo, Cass., Sez. T, 2 marzo 2023, n. 6268, che richiama Cass. 6 febbraio 2015, n. 2196, e, tra le tante, nello stesso senso, , Sez. T. 24 novembre 2022, n. 34707 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429);
8.1.b va poi osservato, sempre sul piano dei principi, che la Corte ha, pure di recente, ribadito ed ulteriormente precisato che in tema di ricorso per cassazione, può essere dedotta la violazione dell’ 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio o qualora da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, ipotesi queste da tenere distinte dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene, invece, alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto (cfr., ex plurimis, Cass, Sez. III, 26 aprile 2022, n. 12971; Cass., Sez. V, 7 novembre 2022, n. 32656, che richiama Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749; Cass. Sez. U. n. 20867/2020; Cass. 24395 del 2020);
8.1.c quanto alla dedotta violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., va, inoltre, ricordato che secondo la lezione delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, 30 settembre 2020, n. 20867) la relativa doglianza è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova non abbia operato – in assenza di una diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, attribuendo al risultato di prova il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, quelle aventi valore di prova legale), oppure quando il giudice abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, laddove la prova sia, invece, soggetta ad una specifica regola di valutazione. Diversamente, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr. sul punto Cass., Sez. VI-I, 23 novembre 2022, n. 34472);
8.1.d alla luce di tali principi, deve osservarsi che la Commissione regionale ha ritenuto, sulla scorta di un accertamento fattuale, che la società «non avesse fornito alcuna prova» di aver «fatto questa denuncia – comunicazione idonea a distinguere le aree producenti solo rifiuti speciali»;
8.1.e a fronte di tale apparato argomentativo, fondato sulla ravvisata insussistenza di una ‘prova idonea’, volta cioè a dimostrare che la ricorrente avesse inoltrato «questa denuncia-comunicazione idonea a distinguere le aree producenti solo rifiuti speciali» (così nella sentenza impugnata) e quindi a delimitare le aree rivendicate come esenti dalla tassazione, la ricorrente ha opposto che risultavano prodotte in giudizio le menzionate comunicazioni con l’allegata planimetria ed il contratto con la società che aveva smaltito i rifiuti per conto della ricorrente;
8.1.f nella laconicità di tale rilievo difensivo deve, in primo luogo, ravvisarsi il difetto di specificità e di autosufficienza del motivo. Sotto tale ultimo aspetto, infatti, la censura ha omesso di indicare nel ricorso, anche riassuntivamente, il contenuto della menzionata comunicazione, ma soprattutto, con riguardo al secondo profilo, deve riconoscersi che la doglianza, pur ponendosi in frontale contrasto con la valutazione del Giudice dell’appello, non ha offerto nessuno spunto critico volto a confutare, nel dettaglio, il convincimento espresso dal Giudice dall’appello, a cominciare dalla rappresentazione delle ragioni per le quali la citata comunicazione doveva, in realtà, considerarsi idonea a giustificare la sottrazione delle superfici in cui si producevano prevalentemente ed in modo continuo rifiuti speciali autosmaltiti e, quindi, l’invocata esenzione dal pagamento della tassa;
8.1.g in tale deficit assertivo il motivo difetta, dunque, di specificità, non misurandosi con i contenuti della decisione impugnata in termini tali da accreditare la prospettiva di un errore percettivo da parte della Commissione regionale caduto sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, unica ipotesi questa capace di integrare il dedotto error in procedendo ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.;
8.1.h va aggiunto sul punto che la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale (cfr. Cass., Sez. U, 25 luglio 2019, n. 20181), poiché, pur essendo la Corte, in relazione a tale vizio, anche giudice del fatto (così potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito), ciò tuttavia non esclude che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, 24048, che richiama Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410);
8.1.i il primo motivo di ricorso contempla anche la contestata equiparazione tra la mancata istituzione ed attivazione del servizio e la mancata fruizione dello stesso nella zona interessata da parte dell’impresa. Si tratta di questione che è stata posta anche con il secondo motivo di ricorso, sotto il profilo del dovere del Comune di istituire il servizio e dell’onere su di esso incombente di fornire prova di tale attivazione, per cui la questione verrà esaminata congiuntamente alla seconda doglianza;
9. nella illustrata valutazione di inammissibilità del primo motivo e, quindi, in ragione della ritenuta (da parte del Giudice regionale) inesistenza del diritto all’integrale esenzione dal pagamento della tassa (stante l’omesso adempimento del citato onere dichiarativo- informativo), resta assorbito l’esame del terzo e del quarto motivo di ricorso, rispettivamente concernenti la questione della sottrazione dal computo della tassa delle superfici, detenute dalla società, in cui si producono rifiuti speciali e la non tassabilità dei locali intermedi di produzione e quelli di stoccaggio, essendo ogni ipotesi di dedotto esonero o di riduzione della superfice tassabile preclusa, a monte, dal predetto deficit informativo;
10. vanno respinte le censure relative all’ultima parte del primo motivo, con cui la ricorrente, nel segnalare che nelle predetta area interportuale il Comune non aveva mai istituito, organizzato e/o attivato un servizio di raccolta e gestione rifiuti, ha contestato – come anticipato – la predetta equiparazione, erroneamente compiuta dal Giudice regionale, tra l’omessa istituzione/attivazione del servizio di igiene e la mancata, concreta, fruizione dello stesso nell’area interessata dall’attività di impresa svolta dalla società ricorrente.
Allo stesso modo, va disatteso il secondo motivo ricorso con cui l’istante ha assunto che al Comune incombeva l’obbligo di istituire il servizio e di provare la sua effettuazione nella predetta area industriale;
10.1 giova porre in rilievo che il tema in esame concerne il servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti all’interno del perimetro della zona industriale (Interporto Sud Europa) in cui ha sede operativa la società ricorrente, come evidenziato pure dall’istante secondo cui «nell’area interportuale, sorta di recente al confine del territorio comunale di Maddaloni con quello di Marcianise, non risulta mai istituito ed attivato alcun servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, né di quelli assimilati, né di quelli speciali» (v. pagina n. 7 del ricorso).
10.2 va allora osservato che le censure in esame disvelano una lettura incompiuta della sentenza in esame, ove si consideri che la Commissione regionale ha ritenuto «provata l’assenza di un effettivo servizio di raccolta rifiuti in loco da parte del Comune di Maddaloni» (così nella sentenza impugnata), con ciò (e con l’utilizzo, in particolare, della locuzione «in loco») considerandolo non effettuato nella sola area interportuale, applicando, di conseguenza, la riduzione al 40% della pretesa impositiva, alla luce dell’art. 1, comma 657, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
10.3 alla stregua di tale obiettiva evidenza non ha, quindi, più giuridico senso discettare sui temi sollevati con la seconda parte del primo motivo di ricorso (mancata istituzione del servizio nella predetta area) e sulla seconda censura (obbligo di istituire il servizio e di fornire la prova di averlo effettuato), giacchè il Giudice regionale ha fondato la propria decisione considerando – per l’appunto – non svolto il servizio nell’area industriale di interesse, per cui le doglianze risultano inammissibili, non essendovi sulle questioni in esame alcuna soccombenza della società;
11. il quinto motivo di impugnazione si rivela infondato;
11.1 con detta censura, l’istante ha rimproverato al Giudice dell’appello l’applicazione della riduzione dall’art. 1, comma 657, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (misura del 40%), assumendo che doveva, invece, riconoscersi la riduzione del precedente comma 656 (misura massima del 20% della tariffa), in quanto il servizio non era stato svolto;
11.2 occorre ricordare che l’art. 1, commi 656 e 657, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 prevede una diversa percentuale di riduzione della TARI per le ipotesi di mancato svolgimento, illegittima effettuazione o temporanea interruzione, da un lato, e di mancata effettuazione, dall’altro, del servizio di gestione dei rifiuti;
11.3 in particolare, il comma 656 della citata norma dispone che: «La TARI è dovuta nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente»;
11.4 il comma 657 della medesima disposizione stabilisce, invece, che: «Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, la TARI è dovuta in misura non superiore al 40 per cento della tariffa da determinare, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita»;
11.5 questa Corte con orientamento consolidato, che le ragioni si cui si basa il ricorso non inducono a rimeditare, ha ritenuto che:
– «la specifica riduzione del 40% di cui al citato comma 657, spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, pur debitamente istituito e attivato nel perimetro comunale, non venga poi concretamente svolto in una determinata zona del territorio comunale, purché tale zona sia di significativa estensione» (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2020, n. 9109; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19767; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2021, n. 15323; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28945; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34298; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, nn. 34489 e 34635);
– una «Riduzione ulteriore al 20%, e mai esonero totale, è prevista, invece, dal citato comma 656 nei casi in cui il servizio non venga svolto del tutto o venga svolto in una situazione patologica di grave disfunzione per difformità dalla disciplina regolamentare, o venga temporaneamente sospeso per motivi sindacali ovvero per imprevedibili impedimenti organizzativi» (in termini: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19767; Cass., Sez. 6^-5, 3 giugno 2021, n. 15323; Cass., Sez. 6^-5, 19 ottobre 2021, n. 28945);
11.6 alla stregua di quanto precede, tenuto conto della previsione dell’art. 1, comma 657, della legge citata, che lega la riduzione in misura non superiore al 40% alla circostanza che nella zona di riferimento non sia effettuata la raccolta la Tari, va riconosciuto che la Commissione regionale, applicando detta riduzione sul rilevo che nella menzionata area interportuale il servizio non era stato svolto, ha fornito una soluzione pienamente conforme alla normativa ed alla giurisprudenza citata, il che vale a respingere la cesura in esame;
12. va, infine, dichiarato inammissibile la sesta doglianza;
12.1 dopo aver inizialmente lamentato che il Giudice di appello aveva «[…] completamente ignorato quanto rappresentato, eccepito e richiesto dal ricorrente in proposito nelle pagine 7, 8 e 9 del ricorso introduttivo del giudizio […] ed alle pagine 10 e 11 dell’atto di appello […]» (v. pagina n. 14 del ricorso), il tutto con un generico rinvio per relationem a documenti allegati al ricorso per cassazione, ma senza una specifica ed argomentata prospettazione di un error in iudicando, la censura si è risolta in un’astratta digressione sulla diretta applicabilità nell’ordinamento nazionale del principio comunitario “chi inquina paga” (con il richiamo alle Direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea del 5 aprile 2006 n. 2006/12/CE e del 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE), senza attingere in concreto alcuna statuizione (o argomentazione) della sentenza impugnata, la quale, peraltro, non aveva trattato la suddetta questione;
12.2 deve, pertanto, confermarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio (tra le tante: , Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517; Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509);
12.3 come, infatti, anche da ultimo ribadito da questa Corte «l’esercizio del diritto di impugnazione può considerarsi avvenuto in modo idoneo solo qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica alla decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, da considerarsi in concreto e dalle quali non possano prescindere, dovendosi pertanto considerare nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo il motivo che difetti di tali requisiti (Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517)» (così, Cass. Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429);
13. alla stregua delle complessive riflessioni sopra svolte, tenuto conto dell’infondatezza o inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere complessivamente rigettato;
14. non vi è ragione di liquidare le spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione del Comune;
15. nondimeno, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.