La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5964 depositata il 5 marzo 2024 , intervenendo in tema dell’obbligo di compilazione del quadro RW per le disponibilità finanziare detenute all’estero, ha statuito che “… in caso di attività finanziarie o patrimoniali cointestate, il modulo RW deve essere compilato da ogni intestatario con riferimento all’intero valore delle attività e non limitatamente alla quota parte di propria competenza, qualora questi abbia la disponibilità piena delle stesse. [come nel caso di conto corrente cointestato ad entrambi i coniugi] …”
La vicenda ha riguardato una contribuente, cointestataria con il marito di un conto corrente svizzero, a cui l’Agenzia delle Entrate, a seguito della sua presenza nella c.d. lista Falciani, notificava ad entrambi con separati avvisi per l’irrogazione di sanzioni connesse alla violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale ex art.4, comma 1, d.l. n. 167/1990, conv. dalla legge n. 227/1990 per aver omesso l’indicazione nel quadro RW, per diverse annualità, della consistenza degli investimenti ovvero delle attività di natura finanziaria detenute all’estero. Avverso tale atto la contribuente ed il coniuge proponevano con separati ricorso l’impugnazione dei rispettivi avvisi. I giudici di prime cure accolsero parzialmente le doglianze dei ricorrenti. Avverso la decisione di primo grado l’Ufficio propose appello. La contribuente proponeva appello incidentale. I giudici di appello ritennero nel merito la correttezza delle conclusioni dei giudici di primo grado, che avevano ridotto le sanzioni in misura del 50 per cento in considerazione del fatto che i conti correnti svizzeri erano cointestati. I giudici di secondo grado rigettarono anche l’appello incidentale della contribuente, perché le doglianze erano generiche. La contribuente avverso la sentenza di appello propose ricorso in cassazione fondato su sei motivi.
I giudici di legittimità disposero la riunione dei procedimenti dei coniugi, per poi preliminarmente disporre la separazione del procedimento, in quanto l’istanza di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere per l’avvenuta definizione riguardava solo il ricorso avanzato dal marito.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso della contribuente precisarono che “… la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio tempus regit actum, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1 luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dall’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2.
Con riferimento al citato art.12 comma 2 bis d.l. n.78 del 2009, che prevede il raddoppio dei termini “per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui al comma 2”, secondo l’indirizzo citato, la disposizione deve essere interpretata nel senso che il raddoppio dei termini opera sia nel caso in cui l’ufficio, avvalendosi della presunzione legale stabilita dalla citata norma, accerti che la disponibilità finanziaria detenuta nei “paradisi fiscali”, e non dichiarata, è provento di redditi sottratti a tassazione, sia nel caso, equivalente, in cui l’ufficio, senza ricorrere alla presunzione in oggetto in quanto non applicabile retroattivamente, contesti comunque la medesima fattispecie di sottrazione alla tassazione di redditi esportati in paesi a fiscalità privilegiata, avvalendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici, qualificate dalla gravità, precisione e concordanza.
Tale equiparazione, come viene chiarito nei precedenti di legittimità citati, è giustificata dalla ratio della disciplina palesata dall’art.12, comma 1, d.l. n.167 del 2009, secondo cui le norme in oggetto sono dirette a dare attuazione ad una intesa tra gli Stati aderenti all’OCSE in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in paesi a regime fiscale privilegiato, fornendo agli uffici finanziari strumenti più efficaci (quali il raddoppio dei termini per l’accertamento) per contrastare, con o senza l’ausilio della presunzione legale di cui all’art.12, comma 2, il fenomeno della allocazione nei “paradisi fiscali” delle disponibilità finanziarie formate con redditi sottratti alla tassazione nazionale.
Anche con riguardo all’art.12 comma 2 ter sul raddoppio dei termini di decadenza e di prescrizione stabiliti dall’art.20 d.lgs. n.472 del 1997 per la notifica degli atti di irrogazione delle sanzioni previste in caso di omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, il maggior lasso temporale concesso al fisco per l’applicazione delle sanzioni non contrasta con il principio generale di irretroattività della norma sanzionatoria stabilito dall’art.3 comma 1 del d.lgs. n.472 del 1997, posto che l’ applicazione “a ritroso” della sanzione, per tutto l’arco temporale consentito dal raddoppio dei termini, sconta comunque il limite della previa esistenza della norma sanzionatoria, come avviene nel caso in esame in cui la sanzione comminata dall’art.5 del d.l. n.167 del 1990 è di gran lunga antecedente alle annualità pregresse passibili di accertamento in forza del raddoppio dei termini, valevole per gli atti di contestazione ed irrogazione di sanzioni notificati dopo l’entrata in vigore della norma in oggetto (1 luglio 2009). …”
Inoltre il Supremo consesso ribadisce il principio secondo cui “… In tema di esercizio del potere di imposizione sui capitali cd. “scudati”, al fine di godere dell’effetto preclusivo del generale potere di accertamento tributario previsto dall’art. 14, comma 1, lett. a) del d.l. n. 350 del 2001, conv. con modif. dalla legge n. 409 del 2001, l’onere di giustificare l’incoerenza tra l’ammontare delle disponibilità in un Paese estero a regime fiscale privilegiato, che secondo il fisco fanno capo al contribuente sulla base delle risultanze della cd. “lista Falciani”, e l’ammontare delle somme oggetto del cd. “scudo fiscale” incombe sul contribuente, attesa la valenza presuntiva degli elementi desumibili dalla stessa “lista Falciani”>>(Cass., sez.5, 25 febbraio 2020, n.4984). …”