A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 158 del 2015, il pagamento del debito tributario, secondo il reato in contestazione, ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 rileva quale causa di non punibilità o quale circostanza attenuante (art. 13 bis D.Lgs. n. 74/00). Tali circostanze operano nei seguenti casi:
- i reati di omesso versamento delle ritenute dovute o certificate, di omesso versamento di IVA e d’indebita compensazione non sono punibili, se sono integralmente pagati gli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento di primo grado (art. 13, co. 1);
- quando invece si precede per i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, l’imputato non è punibile “se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali” (art. 13 co. 2);
- in relazione ai reati di dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, le pene sono diminuite fino alla metà e non sono applicabili le sanzioni accessorie, se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti (art. 13-bis).
La Corte Suprema con l’ordinanza in commento esamina la fattispecie della rilevanza del pagamento del debito tributario in caso di illecito fiscale commesso da più soggetti.
La vicenda ha riguardato due soggetti, erano soci al 50% di una società in nome collettivo come risultava dalla visura camerale, riconosciuti responsabili del reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74/00. Per uno dei due coimputati, che aveva provveduto al pagamento degli importi dovuti, è stata invocata la causa non punibilità o, comunque, il diritto a uno sconto di pena.
I due imputati in primo grado venivano condannati per i reati ascritti, in appello la Corte distrettuale in parziale riforma della sentenza impugnata assolve i due imputati condannandoli per il solo reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 (dichiarazione fraudolente).
Avverso la decisione dei giudici di appello i due imputati presentano ricorso in cassazione fondato su tre motivi.
Gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso. In particolare, i Giudici di legittimità, precisano che la causa di non punibilità di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come modificata dal D.Lgs. n. 158 del 2015, non è applicabile al reato di dichiarazione fraudolenta. Inoltre evidenziano come gli effetti premiali di cui all’articolo 13-bis – secondo cui “fuori dai casi non punibilità”, il pagamento degli importi dovuti comporta la diminuzione della pena e la non applicazione delle pene accessorie – operano solo nei confronti del concorrente che abbia personalmente curato l’adempimento del debito tributario.
Per i giudici del palazzaccio, ed in questo forse violando il principio dell’art. 12 delle preleggi, hanno afferma, fra l’altro, che “non può condividersi quanto sembrerebbe desumibile dalla Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 74 del 2000 (pag. 3165), nel senso che la stessa sia oggettiva, con conseguente applicabilità della stessa anche laddove il pagamento venga effettuato da un terzo. Ed invero, partecipando l’attenuante de qua ai caratteri dell’attenuante comune di cui all’art. 62, n. 6 C.P., non possono non valere i rilievi operati dalle Sezioni Unite di questa Corte al proposito, in particolare essendosi affermato che in tema di concorso di persone nel reato, ove un solo concorrente abbia provveduto all’integrale risarcimento del danno, la relativa circostanza attenuante non si estende ai compartecipi, a meno che essi non manifestino una concreta e tempestiva volontà di riparazione del danno” (Sez. U, n. 5941/09).
Per cui ai fini dell’attenuante, deve sussistere una volontà riparatoria anche del compartecipe al reato fiscale; circostanza che nel caso di specie non è emersa dagli atti, posto che il coimputato non ha neppure dedotto di avere personalmente contribuito all’adempimento del debito tributario.
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