La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 9417 depositata il 10 marzo 2020 intervenendo in tema di reato di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 74/2000 (omessa dichiarazione) ha ribadito che “trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere […] che la prova del dolo specifico di evasione non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo nè da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista, che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale”
La vicenda ha visto protagonista il legale rappresentante di una società cooperativa accusato del reato di omessa presentazione delle dichiarazioni Iva e dei redditi. Il P.M. disponeva il sequestro preventivo delle somme di denaro esistenti sui conti correnti nonché su depositi, titoli ed altre disponibilità finanziarie della Società Cooperativa, in subordine, delle somme di denaro esistenti sui conti correnti nonché su depositi, titoli ed altre disponibilità finanziarie, di beni immobili, mobili o di qualsiasi utilità nella disponibilità. L’imputato avverso il provvedimento delle misure cautelari proponeva impugnazione al G.I.P. il quale con propria ordinanza accoglieva le doglianze del ricorrente. Avverso la decisione il P.M. si rivolgeva al Tribunale del riesame, il quale con ordinanza riformava l’ordinanza impugnata accogliendo l’appello proposto. L’imputato proponeva ricorso in cassazione, avverso l’ordinanza, fondato su due motivi.
Gli Ermellini nel dichiarare inammissibile il ricorso precisano che “Colui che abbia affidato al commercialista ovvero ad un consulente fiscale l’incarico di compilare la dichiarazione, non può dirsi, per ciò stesso, esonerato da responsabilità, sia perché la legge tributaria considera come personale il relativo dovere, sia perché una diversa interpretazione, che trasferisca il contenuto dell’obbligo in capo al delegato, finirebbe per modificare l’obbligo originariamente previsto per il delegante in mera attività di controllo sull’adempimento da parte del soggetto delegato”
I giudici di legittimità hanno ribadito che ” l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità (art. 1, comma 4, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322). Il fatto che il contribuente (la persona giuridica nel caso di specie) possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione (art. 3, commi 3 e 3-bis, d.P.R. n. 322 del 1998, cit.) non vale a trasferire su queste ultime l’obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente il quale, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione, è comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione”
Pertanto, per i giudici del palazzaccio, il soggetto obbligato, nel caso di persone giuridiche il legale rappresentante, è sempre responsabile per gli errori e le omissioni fatti sulla dichiarazione dei redditi dal commercialista che ha delegato.
Per cui il soggetto obbligato alla presentazione della dichiarazione e che abbia affidato al commercialista ovvero ad un consulente fiscale l’incarico di compilare la dichiarazione, non è esonerare dalla responsabilità sia perché la legge tributaria considera come personale il relativo dovere, sia perché una diversa interpretazione, che trasferisca il contenuto dell’obbligo in capo al delegato, finirebbe per modificare l’obbligo originariamente previsto per il delegante in mera attività di controllo sull’adempimento da parte del soggetto delegato.
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