La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 656 depositata il 15 gennaio 2014 intervenendo in tema di sanzioni fiscali ha statuito che sono applicabile le sanzioni IVA per il ritardo nella registrazione delle fatture anche se l’irregolarità non ha precluso il calcolo dell’imposta e l’accertamento. Pertanto la ritardata registrazione non configurando un errore formale non possono trovare applicazione le norme dello statuto del contribuente.
La vicenda ha riguardato una società che in seguito ad una verifica fiscale venivano rilevate rilevava una serie di irregolarità tra cui il saldo negativo dal mastrino di contabilità per i verificatori tale elemento denotava un’evasione di imposta per compensi percepiti in nero, emetteva un avviso di rettifica per l’anno 1997, disponendo la ripresa a tassazione di IVA, inoltre sanzionando la ritardata fatturazione di alcune operazioni.
La società impugnava l’atto impositivo ricevuto inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici rigettavano le doglianze della ricorrente. La contribuente impugnava la decisione del giudice di prime cure dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale i cui giudici accolsero l’appello della società contribuente. I giudici territoriali rilevano che le “norme che stabiliscono tempi e modalità della registrazione delle fatture (D.P.R. n. 633/72 artt. 23 e 25) pongono in essere obblighi generalizzati di annotazione, fissando modalità ben precise, che non trovano deroga in altre disposizioni di legge, essendo collegate alle scansioni temporali dei versamenti dell’IVA”. Affermando che le sanzioni applicate, in forza dell’art.10 terzo comma Legge n.212/2000, non erano dovute, non avendo il ritardo inciso sulla quantificazione del tributo o sul suo accertamento.
Si rammenta il contenuto dell’articolo 23 del D.P.R. n. 633/72 il quale dispone che il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro e nessuna deroga all’obbligo di annotazione delle fatture emesse è desumibile dal complesso normativo di riferimento. Per la violazione di tale obbligo è prevista la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, ai sensi dell’art. 6 del DLgs. 471/1997.
Per la cassazione della sentenza della decisione del giudice di seconde cure l’Amministrazione Finanziaria propone ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso proposto dal Fisco cassando la sentenza impugnata e rinviando alla CTR. I giudici di legittimità hanno ritenuto le violazioni contestate nel caso di specie sostanziali, in quanto rilevanti ai fini della determinazione del volume di affari e dell’imposta dovuta e “ciò in quanto la fattispecie di omessa registrazione delle fatture nell’anno solare e di inesatta dichiarazione e versamento si configurano per il solo fatto oggettivo che il contribuente ha determinato, con il suo comportamento, il rischio per l’Amministrazione finanziaria di non conseguire il pagamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale, ovvero di effettuare un rimborso non dovuto e trovano puntuale riscontro nel regime sanzionatorio previsto dagli artt. 42, 43 e 44″.
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